Canada

Bassa affluenza, scatta l’allarme
per le Comunali e in Quebec

TORONTO – Mentre in Italia si vota per il rinnovo del Parlamento, in Canada scatta l’allarme affluenza.

La disaffezione degli elettori canadesi per l’appuntamento alle urne, in tutti i tre livelli di governo, è un dato ormai assodato che si è consolidato nel tempo.

La partecipazione al voto per le elezioni federali, provinciali e comunali ha subito una costante flessione, sintomo di uno scarso interesse da parte di una buona fetta dell’elettorato, un fenomeno spesso alimentato quando cresce la percezione che il risultato finale sia sostanzialmente scontato, salvo terremoti politici dell’ultima ora.

È il caso, ad esempio, delle elezioni municipali a Toronto, dove il prossimo 24 ottobre saremo chiamati a votare per la carica di sindaco, per i 25 consiglieri comunali che siederanno a City Hall e per i fiduciari dei provveditorati scolastici pubblici. Il sindaco uscente John Tory, dopo aver vinto le elezioni del 2014 e del 2018, si avvia a una vittoria scontata anche in questa tornata elettorale. E questa volta il motivo principale del suo trionfo – i sondaggi gli danno percentuali di consenso bulgare – è la mancanza di un avversario credibile che possa rappresentare davvero un’alternativa alla sua candidatura: nella griglia dei candidati, infatti, non troviamo alcuna personalità di spicco, che abbia avuto anche una piccola esperienza politica.

Nel 2014 Tory dovette sconfiggere Doug Ford e Olivia Chow, nel 2018 ci fu battaglia contro Jennifer Keesmaat, ora per il sindaco uscente la campagna elettorale non è altro che una lunga marcia verso l’incoronazione del 24 ottobre. L’affluenza sarà bassissima: nel 2014 si raggiunse il 60 per cento, un dato questo che crollò al 41 per cento quattro anni fa, a fine ottobre saremo di fronte molto probabilmente a un nuovo record negativo.

A livello provinciale il filo conduttore è lo stesso: quando esiste la percezione di una reale competizione, allora il numero di votanti aumenta, quando invece si avverte la sensazione di un risultato scontato, gli elettori stanno alla larga dalle urne.

In Ontario nel 2014 votò il 51,3 per cento degli aventi diritto e dal voto si formò il governo di minoranza guidato dalla liberale Kathleen Wynne. Quattro anni dopo, l’affluenza arrivò al 56,7 per cento, con la vittoria del Progressive Conservative di Doug Ford. Quest’anno, al voto del 2 giugno, ha votato appena il 43 per cento degli elettori, con un calo superiore al 13 per cento.

Ora in Quebec è scattato nuovamente l’allarme bassa affluenza. Tutti i sondaggi danno la Coalition Avenir Québec del premier uscente Francois Legault come nettamente favorita sugli altri partiti e l’obiettivo di bissare l’affluenza del 2018, quando andò alle urne il 66,45 degli aventi diritto: le previsioni parlano di un dato molto lontano dal 50 per cento. In sostanza, un elettore su due della provincia francofona potrebbe decidere di non votare. E pensare che nel 2014 aveva espresso la propria preferenza il 71,4 per cento degli elettori, nel 2012 addirittura il 74,6 per cento.

Numeri che in questo momento appaiono irraggiungibili per la consultazione elettorale del 3 ottobre.

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