Canada

Economia, clima e premier in rivolta:
l’autunno terribile di Justin Trudeau

TORONTO – L’economia ristagna, i sondaggi delineano scenari politici catastrofici, la base liberale mugugna e i premier hanno dichiarato guerra aperta: le premesse di questo autunno terribile per Justin Trudeau spalancano le porte a un inverno che si prospetta ancora peggiore. Il leader liberale e il suo governo stanno attraversando la fase più delicata da quando nel 2015 vinse le elezioni federali e riportò i grit alla guida del Paese, chiudendo una volta per tutte l’era Harper.

Tutti gli indicatori giocano contro Trudeau. I dati di Statistics Canada della scorsa settimana hanno confermato come il nostro Paese sia destinato a entrare in recessione da qui alla fine dell’anno. Si tratta di un’ulteriore spallata alla credibilità del primo ministro, che in questi anni era stato in grado di condurre il Paese senza eccessivi scossoni almeno sul fronte economico, anche durante la fase più acuta della pandemia. Il tutto si va a sommare alle difficoltà oggettive che stiamo vivendo negli ultimi sei mesi, tra inflazione galoppante riportata faticosamente sotto controllo, tassi d’interesse ai massimi dal 2001 e una generalizzata insicurezza che preoccupa i risparmiatori.

Il potere d’acquisto è crollato e da due studi pubblicati ieri impariamo che i canadesi, o almeno una buona fetta, hanno rinunciato ad andare dal dentista perché sostanzialmente o non se lo possono più permettere o non sono in possesso di una copertura assicurativa. Allo stesso tempo, un’altra corposa fetta di canadesi non va più al ristorante perché questa viene ormai ritenuta una spesa non necessaria. Un segnale questo, magari minore, ma che indica come si stia deteriorando abbastanza velocemente la qualità della nostra vita. E l’elettorato canadese sta recependo tutti questi segnali, e nella classica ricerca del capro espiatorio, identifica nel primo ministro e nell’attività di governo la causa di tutti i mali. D’altro canto, come abbiamo documentato ieri, il livello di popolarità di Trudeau è ai minimi termini: il 53 per cento dei canadesi ha un giudizio nettamente negativo del primo ministro, mentre i sondaggi confermano come ormai vi sia un abisso nelle intenzioni di voto per i conservatori – in ascesa – e i liberali, che stanno registrando un crollo significativo.

Da lunedì poi si è aperto un nuovo fronte, dopo la riunione dei premier ad Halifax: i leader delle province e dei territori hanno puntato il dito contro Trudeau sulla questione della crisi abitativa, su quella della redistribuzione delle risorse stanziate da Ottawa agli enti locali e su quella della carbon tax. In particolare i premier chiedono a Trudeau una parità di trattamento per quanto riguarda le esenzioni, per ora garantite solamente alla British Columbia.

In questo caotico contesto, però, il primo ministro seppur all’angolo è stato in grado di trovare un salvagente politico, come è spesso accaduto in questi anni nelle fase di crisi. Lunedì infatti il leader del Partito Conservatore Pierre Poilievre ha presentato una mozione alla House of Commons, appoggiata anche dall’Ndp di Jagmeet Singh, nella quale sostanzialmente si dava voce alle richieste dei premier per l’estensione a livello nazionale delle esenzioni sulla carbon tax. Ebbene, la mozione è stata bocciata grazie al sostegno ai liberali garantito dai Verdi e dal Bloc Quebecois di Yves-François Blanchet, che sono giunti in soccorso di Trudeau, impedendo quindi al governo grit di andare sotto alla Camera.

Resta da capire ora se il primo ministro sarà in grado di dare una svolta all’agenda di governo in vista del voto del 2025 o se invece continuerà a vivacchiare fino all’appuntamento alle urne, il cui esito appare scontato salvo terremoti elettorali.

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