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Rapporti tesi anche fra Canada e Israele

TORONTO – Dopo la Cina e l’India, anche Israele adesso ha difficoltà a relazionarsi serenamente con il Canada, almeno secondo quanto emerge dalle parole dell’ambasciatore israeliano in Canada, secondo il quale la guerra iniziata un anno fa in Medio Oriente ha messo a dura prova le forti relazioni di lunga data del suo Paese con il Canada. In una recente intervista con la Canadian Press, infatti, Iddo Moed ha affermato che la guerra ha unito gli israeliani in tutto lo spettro politico in solidarietà, ma ha causato confusione sulla posizione del Canada sul conflitto.

Com’è tristemente noto, il 7 ottobre di un anno fa, militanti di Hamas e dei suoi affiliati nella Striscia di Gaza hanno preso d’assalto il confine con Israele, uccidendo 1.200 civili e soldati e rapendo 250 persone. La risposta di Israele è stata durissima: più di 43.000 persone uccise in Palestina in una guerra che dura da ormai più di un anno e, invece di finire, si sta allargando ai Paesi limitrofi. I funzionari delle Nazioni Unite affermano che nessun posto è sicuro poiché l’esercito israeliano chiede continuamente ai palestinesi di evacuare le aree che spesso finiscono per bombardare e lo stesso, adesso, sta accadendo anche in Libano. La guerra ha prodotto una rassegna quotidiana di immagini raccapriccianti provenienti da Gaza, di campi profughi bombardati, bambini inceneriti o senza arti e pazienti ospedalieri dati alle fiamme. A causa di tutto ciò, il Canada – come del resto altri Paesi nel mondo – ha espresso preoccupazione per il fatto che Israele potrebbe eccedere il suo diritto all’autodifesa e violare il diritto umanitario internazionale: ma è una posizione che Israele respinge.

“Siamo traumatizzati dal 7 ottobre. Stiamo ancora facendo i conti con ciò che è accaduto lì, con l’espressione di un odio violento e barbaro”, ha detto Moed, aggiungendo che la società israeliana si è ampiamente coalizzata attorno alla necessità di sconfiggere Hamas, anche se i sondaggi mostrano una profonda divisione in Israele sulla questione se valga la pena continuare la guerra.

L’ambasciatore ha osservato che il suo Paese si trova ad affrontare non solo Hamas, ma anche Hezbollah in Libano, Houthi nello Yemen e l’esercito iraniano. “Israele sta attraversando il periodo più difficile dalla sua creazione”, ha detto. Le comunità israeliane vicino a Gaza e in Libano rimangono abbandonate, con le famiglie che vivono in hotel che un tempo erano pieni di turisti. La banca centrale israeliana continua a tagliare le previsioni di crescita economica.

In Canada, le preoccupazioni umanitarie per la guerra a Gaza hanno portato il Parlamento a votare a marzo per bloccare l’approvazione di nuovi permessi di esportazione militare verso Israele e rivedere i permessi precedenti. Il Canada non ha un embargo militare contro Israele, ma ha vietato l’uso di armi canadesi a Gaza. Le stesse preoccupazioni hanno portato il Canada ad astenersi dal votare le risoluzioni delle Nazioni Unite che denunciavano Israele, dopo decenni di bocciatura di mozioni che secondo il Canada non erano equilibrate.

“Questo allontanamento da una posizione di principio è molto, molto deludente per noi”, ha detto Moed, sostenendo che queste risoluzioni non cercano la pace ma mirano invece ad “indebolire Israele diplomaticamente e politicamente, quanto più possibile”, così come il ripristino da parte del Canada dei finanziamenti ad un’agenzia delle Nazioni Unite per i palestinesi (l’UNRWA), che secondo il governo canadese sono indispensabili per fornire aiuti salvavita a Gaza. Una posizione anche questa inconciliabile con quelle di Israele che continua a sostenere che centinaia di militanti palestinesi lavorano per l’UNRWA e che più di una dozzina di dipendenti hanno preso parte all’attacco del 7 ottobre 2023 in Israele. L’UNRWA ha indagato su 19 dipendenti accusati di aver preso parte all’attacco e ne ha licenziati un numero imprecisato, ma l’agenzia ha 30.000 dipendenti.

Un altro “problema” è che il Canada ha ripetutamente affermato che la pace a lungo termine sarà possibile solo se esisterà uno Stato palestinese. Irlanda, Spagna e Norvegia hanno espresso preoccupazioni simili a maggio, quando hanno riconosciuto formalmente lo Stato di Palestina. La maggior parte del Sud America, dell’Africa e dell’Asia lo hanno già fatto, anche se pochi alleati del Canada lo hanno fatto. Ma a luglio il parlamento israeliano ha respinto a stragrande maggioranza l’idea di una soluzione a due Stati con un voto di 68-9. E lo stesso Moed ha affermato che il progresso verso uno Stato palestinese non farebbe altro che premiare Hamas per il suo attacco in un momento in cui Israele si trova ad affrontare minacce su più fronti. Ha detto che gli israeliani ritengono che la maggior parte dei palestinesi non rispetti l’esistenza dello Stato di Israele, rendendo impossibile vivere in pace. Non solo: ha anche affermato che c’è un forte sostegno tra la popolazione palestinese per Hamas. “Non vediamo emergere da parte palestinese una leadership che sia capace ed in grado di cambiare la mentalità della maggioranza dei palestinesi”, ha detto. E, secondo Israele, non a caso i leader palestinesi non hanno condannato l’attacco di Hamas dell’ottobre 2023.

Dall’altra partre, l’ambasciatrice palestinese in Canada, Mona Abuamara, ha a sua volta affermato che la pace può essere realizzata solo se la gente capisce che decenni di occupazione dei territori palestinesi da parte di Israele – insieme al blocco aereo, marittimo e terrestre di Gaza – hanno portato all’accumulo di rimostranze che hanno “generato” l’attacco di Hamas. Ha inoltre sostenuto che la chiusura delle vie negoziali ed il mancato utilizzo di strumenti non violenti come boicottaggi e sanzioni costringono i palestinesi a ricorrere a ciò che i Paesi occidentali classificano come terrorismo e che altri Stati considerano invece resistenza armata contro l’occupazione violenta. “Non è iniziato tutto il 7 ottobre 2023”, ha detto Abuamara in una recente intervista con la Canadian Press. È una vecchia storia.

In alto, l’ambasciatore israeliano in Canada, Iddo Moed (dalla sua pagina Twitter X – @MoedIddo); qui sopra, l’ambasciatrice palestinese in Canada, Mona Abuamara (foto dalla sua pagina Twitter X – @MonaAbuamara)

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