Cultura

Un documentario meditativo su Carlo Scarpa

TORONTO – Il documentario “stimolante” e intrigante di Stefano Croci e Silvia Siberini, Il Padiglione sull’Acqua, è stato recentemente proiettato all’ADFF (Architecture & Design Film Festival), ospitato dal TIFF Lightbox vicino all’Entertainment District di Toronto. Il documentario, sull’architetto veneziano Carlo Scarpa, è stato seguito quasi interamente da professori e studenti di architettura e [naturalmente] architetti professionisti, come confermato da un’alzata di mano nella presentazione della proiezione.

Che si tratti del risultato di un marketing mirato o di un interesse limitato, il film merita senza dubbio una maggiore visibilità al di là della veduta [a volte] ristretta della comunità degli architetti. Una comunità i cui migliori e più brillanti, in particolare, meritano più attenzione di quanto spesso non venga data e, cosa più importante, hanno molte conoscenze da impartire in aree che spaziano dal design all’ingegneria e quasi tutto ciò che sta nel mezzo.

Il film tocca una corda sperimentale con il suo inquietante e continuo accordo di pianoforte a tre note, che involontariamente o meno si muove a cavallo tra un paesaggio sonoro contemplativo e la musica a tema dei film horror. Ma come spiega il co-regista Stefano Croci, “Volevamo portare il pubblico in uno stato meditativo, per comprendere gli spazi di Scarpa”. A giudicare dall’atmosfera negativa del pubblico, direi che ci sono riusciti.

Il film si concentra sul Santuario Brion di Scarpa a San Vito d’Altivole, vicino a Treviso, su cui progettò e costruì un cimitero per la famiglia Brion. Il Santuario Brion è considerato un capolavoro di architettura moderna, ispirato dall’apprezzamento di Scarpa per i concetti di design, le filosofie e la cultura generale giapponesi, annotati da una grande scorta della rivista “Japan Design House” nel suo archivio.

Il film tuttavia, non entra in profondità nella vita e nella carriera di Scarpa ed evita intenzionalmente di essere una narrazione della sua vita. Piuttosto, come afferma Croci, “Il nostro è un film sul suo insegnamento su cosa significhi creare un’opera d’arte”. I registi presumono che il pubblico sappia chi è Carlo Scarpa, ma cosa ancora più importante, se non lo si sa, l’esperienza di guardare un film che fotografa un capolavoro agisce inevitabilmente come fonte di ispirazione.

I registi hanno adottato ciò che Eraclito dice degli oracoli di Delfi: “Il Dio di Delfi non rivela né nasconde, ma dà una indicazione”. In altre parole, bisogna essere proattivi nella ricerca di una verità. In questo caso, Il Padiglione sull’Acqua agisce come la voce seducente di una sirena, invitando il pubblico a fare la propria esplorazione dell’arte di Scarpa, che va oltre i titoli di coda.

A parte la cinematografia meticolosa, definita un “obbligo” di qualsiasi Architect’s Photographer, i pochi capi parlanti del film, tra cui il figlio di Scarpa, Tobia, che ha notoriamente progettato i negozi Benetton, catturano la poesia del suo lavoro attraverso le loro storie e riflessioni personali. Un ex collega dichiara addirittura: “Vediamo il suo lavoro come se stessimo ascoltando una sonata di Beethoven. Non c’è più una sensibilità artistica per fare ciò che ha fatto lui. Era interessato a penetrare lo spirito dei materiali”. A quel punto, il film inizia con una lunga narrazione di e su Tobia Scarpa che tempera la sua matita con un piccolo temperino e una profonda concentrazione. “Mio padre ha sempre insegnato ai suoi studenti come temperare le matite perché è quello che si farebbe prima di iniziare a lavorare”, spiega Tobia mentre si lamenta dell’arte perduta.

La scena dura più a lungo di quanto la capacità di attenzione della maggior parte delle persone possa sopportare, ma per questo spettatore, imparare come temperare manualmente una matita da un maestro di design e architettura di 89 anni, vale di per sé il prezzo del biglietto.

La foto e la locandina del documentario, in basso, per gentile concessione di Caucaso Società Cooperativa & Pop Homage 

Massimo Volpe, autore di questa recensione, è un filmmaker e scrittore freelance di Toronto: scrive recensioni di film/contenuti italiani su Netflix

 

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