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Canada, timori
per la quarta ondata:
“Forse la peggiore”

TORONTO – “We are in big trouble”. “Siamo nei guai fino al collo”: con questa breve frase e senza alcun giro di parole il dottor Joe Vipond, medico in un pronto soccorso a Calgary e co-fondatore di Masks4Canada, ha fotografato l’attuale situazione. Con il numero di casi in aumento in Ontario, Alberta e B.C., il medico teme che – a meno che i governi non agiscano per fermarla – questa quarta ondata di Covid-19 possa essere peggiore delle prime.

I suoi calcoli mostrano che i numeri dei casi di Alberta raddoppiano all’incirca ogni 11 giorni. Quindi, se questa tendenza continua, ha detto, l’Alberta potrebbe vedere 1.200 nuovi casi al giorno all’inizio di settembre e 2.400 casi giornalieri entro la metà del mese. “C’è stato sicuramente un notevole aumento del numero di ammalati di Covid-19 ricoverati in ospedale nelle ultime due settimane – ha detto il dottor Shazma Mithani, medico al Royal Alexandra Hospital di Edmonton e allo Stollery Children’s Hospital – la riapertura delle scuole a settembre getterà sicuramente benzina sul fuoco in modo significativo. E sono preoccupato di cosa possa significare per i nostri bambini che non possono essere vaccinati in questo momento. E sono preoccupato di cosa significherà per gli ospedali”.

Ma l’Alberta non è l’unica provincia in cui si prevede un aumento dei casi.

In Ontario, ad esempio, secondo Allison McGeer, specialista in malattie infettive del Sinai Health System di Toronto, potrebbero esserci 7.000 infezioni al giorno entro la metà di ottobre. Un numero, questo, ben al di sopra del picco di circa 4.700 registrato all’inizio di aprile.

La combinazione della variante Delta, più trasmissibile, e delle restrizioni allentate si traduce in una crescita esponenziale del virus. “Quindi, se non facciamo qualcosa al riguardo, la nostra traiettoria verso l’alto aumenterà di velocità e inevitabilmente passeremo a molti più casi, più ricoveri e più pazienti in terapia intensiva”, ha detto McGeer.

Per fermare questo trend pericoloso, dobbiamo fare di più che vaccinare le persone, ha aggiunto Vipond. “Purtroppo, ci è stato detto che la pandemia potrebbe finire con i vaccini. Non è successo e non succederà – ha tagliato corto Vipond – sappiamo cosa dobbiamo fare. Dobbiamo vietare le riunioni di massa e i pasti al coperto per un certo periodo di tempo”. “È bello aver avuto una piccola tregua in estate, essere stati in grado di vedere persone e aver potuto fare tante cose. Ma dovremo fare un passo indietro rispetto a dove siamo ora”, ha aggiunto McGeer.

E nelle misure utili a porre un freno al dilagare del virus targato Delta, secondo la specialista del Sinai Health System, rientrano l’uso della mascherina, il mantenimento del distanziamento sociale e, dove possibile, lo smartworking. Il rientro in ufficio, per ora, può aspettare, insomma.

Ma riunioni sociali con un numero ridotto di partecipanti e i passaporti vaccinali, secondo Mithani, potrebbero anche dare una mano. “Penso che siano le persone che stanno prendendo le decisioni giuste, come farsi vaccinare, che dovrebbero godere della libertà di poter stare con altre persone”, ha detto.

Anche per la British Columbia il futuro prossimo non appare roseo. Le proiezioni pubblicate il 18 agosto dal “BC Covid-19 Modeling Group” suggeriscono che il numero di casi raddoppierà ogni nove giorni e prevede che senza un intervento, “i casi supereranno presto i livelli record”. “La provincia potrebbe registrare 10.000 casi al giorno – ha affermato Dan Coombs, professore di matematica presso l’Università della British Columbia e membro del gruppo di modellisti – credo però che le autorità sanitarie pubbliche adotteranno misure per frenare la diffusione dei contagi prima che le cose peggiorino”.

La frustrazione dei canadesi provati da un anno e mezzo di restrizioni è tangibile, aggiunge McGeer ma il loro desiderio di tornare alla normalità in questo momento conta poco. “È un virus e al virus non importa cosa pensiamo. Al virus non importa quanto siamo stanchi di questa situazione. Il virus non si preoccupa di nulla se non di continuare a infettare le persone – ha concluso McGeer – pertanto pur capendo l’avvilimento collettivo rimane il fatto che se non facciamo qualcosa per arrestare il numero crescente di casi, metteremo a dura prova il nostro sistema sanitario. E molte persone moriranno”.

Intanto non accenna a spegnersi la polemica innescata dalle dimissioni dallo Science Advisory Table del dottor David Fisman che ha denunciato “interferenze politiche nella scienza”. “Lavoro da 14 mesi al Science Table nel mio ruolo di direttore scientifico, non sono sempre stato diplomatico come gli altri della provincia e non ho mai subito alcuna pressione politica, mai in questi 14 mesi. Non nascondiamo alcun modello per decisioni politiche”, ha tuonato Peter Juni. Il direttore ha affermato che il ritardo nel rendere pubblici gli ultimi modelli è stato causato dal fatto che i membri del comitato dopo “18 mesi di intenso lavoro” erano in vacanza. Juni ha detto che gli ultimi dati saranno rilasciati “molto presto” ma ha precisato che questo documento “non conterrà assolutamente nulla che possa avere un impatto sul piano di ritorno a scuola della provincia”.

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