TORONTO – Pochi giorni fa, l’aveva “buttata lì” Francois Legault: il premier del Quebec aveva minacciato il primo ministro Justin Trudeau di indire un referendum sull’immigrazione (per la quale il Quebec vuole più poteri, per difendere la francofonia) e “forse anche su altri argomenti”. Poi, è arrivato in visita il primo ministro francese Gabriel Attal: baci e abbracci con Francois Legault. Immediatamente dopo, domenica, un annuncio: il leader del Parti Québécois, Paul St-Pierre Plamondon, al consiglio nazionale del PQ a Drummondville, ha detto a circa 500 membri del partito che i quebecchesi hanno una “ultima” possibilità di proteggere la propria lingua e cultura in mezzo a quella che ha definito una “minaccia esistenziale” da parte di Ottawa. E ha ribadito il suo impegno per un terzo referendum sull’indipendenza del Quebec se il suo partito dovesse prendere il potere alle prossime elezioni provinciali.
“Il nostro momento arriverà prima di quanto pensiamo, il che significa non in una data idealizzata a lungo termine, ma tra qualche anno, prima della fine del decennio. “Vivremo davvero un terzo referendum”, ha detto.
Il leader 47enne ha portato una rinnovata attenzione verso l’indipendenza del Quebec da quando ha preso il timone nel 2020, dopo il peggiore risultato elettorale del partito in quasi 50 anni. Ma il suo posto in cima ai sondaggi negli ultimi mesi ha dato un nuovo impulso alla promessa di un referendum prima del 2030.
Appena un anno e mezzo dopo che il PQ era stato considerato moribondo, la crescente popolarità di St-Pierre Plamondon arriva nonostante il debole sostegno all’indipendenza che recenti sondaggi mostrano essere sostenuta solo da circa un terzo degli intervistati. Ma le cose, a quanto pare, stanno cambiando, anche a causa del sempre più marcato malcontento verso il governo federale di Justin Trudeau. Inoltre, alcuni osservatori hanno attribuito il rimbalzo del PQ alla crescente insoddisfazione nei confronti del premier François Legault e del suo governo della Coalizione Avenir Québec.
Il discorso di St-Pierre Plamondon ha provocato forti reazioni da parte degli avversari. In un post sui social media, il capo della strategia del premier, Stéphane Gobeil, ha descritto la promessa di voto – che presuppone una vittoria del PQ alle urne nel 2026 – come “arroganza o euforia scarsamente controllata”. Il leader liberale ad interim Marc Tanguay ha accusato il leader del PQ di “alimentare la paura per promuovere l’indipendenza”.
St-Pierre Plamondon, nel suo intervento, non ha usato mezzi termini: ha detto che il governo federale ha invaso la giurisdizione del Quebec, anche in materia di alloggi e assistenza sanitaria, settori segnati da gravi carenze. “Il Canada ha in serbo per noi un futuro oscuro”, ha detto St-Pierre Plamondon. “È un regime che vuole schiacciare coloro che rifiutano di assimilarsi”.
I due precedenti referendum sulla sovranità si sono svolti nel 1980 e nel 1995. In quest’ultimo, gli elettori del Quebec sono arrivati ad un passo dall’optare per l’indipendenza, poiché il 49,42% ha spuntato il “Sì”, mentre il 50,58% ha barrato il “No”. Visto il malcontento verso il governo di Justin Trudeau, la terza volta potrebbe esere quella buona per gli indipendentisti.
Nella foto in alto, Paul St-Pierre Plamondon durante il suo intervento al consiglio nazionale del PQ domenica a Drummondville (foto da Twitter X – @PaulPlamondon)
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