TORONTO – Si chiude un anno travagliato per i leader dei tre livelli di governo. Il 2022 di Justin Trudeau, Doug Ford e John Tory è stato caratterizzato da alti e bassi, dove il raggiungimento di alcuni significativi risultati politici è stato bilanciato da una serie di battute d’arresto, in un clima politico caratterizzato da polemiche, accuse e veleni.
Il primo ministro: il nodo del Freedom Convoy, l’inflazione e la tenuta nel consenso. Sono stati dodici mesi complicati per Trudeau, alla guida di un governo di minoranza che in più di un’occasione ha dato l’impressione di traballare un po’ troppo. Il primo ministro, incassato l’accordo di legislatura con il leader dell’Ndp Jagmeet Singh, punta a governare fino al 2025 e la sua agenda di governo sta cercando di trovare un giusto equilibrio tra piani di spesa a media e lunga scadenza e il necessario rientro dal deficit che ha caratterizzato i due anni di pandemia di Covid-19. Al netto delle polemiche politiche di routine, delle querelle con le opposizioni, il vero tallone d’Achille di questo 2022 per il leader liberale è stata la vicenda del Freedom Convoy. Una protesta iniziata in sordina, da parte di un gruppo di camionisti che protestavano contro l’obbligo vaccinale per superare la frontiera con gli Stati Uniti, il Convoglio è diventato un problema di carattere nazionale con l’occupazione di Ottawa e di alcuni valichi di frontiera, quando ai manifestanti si sono aggiunti numerosi esponenti della variegata galassia no vax canadese, tra estremisti di destra e negazionisti. Il vero fallimento in questa vicenda è stato quello della polizia di Ottawa, che non è stata in grado di gestire la protesta prima che la situazione degenerasse.
A febbraio Trudeau ha applicato, per la prima volta nella storia canadese, la legislazione d’emergenza, dando poteri speciali alla polizia, alla magistratura e alle banche canadesi. La crisi è finita molto velocemente, ma il dibattito sulla reale necessità del ricorso alle misure d’emergenza ci ha accompagnato per buona parte dell’anno, fino all’avvio dei lavori della commissione d’inchiesta, i cui risultati saranno presentati all’inizio del prossimo anno. Trudeau ha dovuto fare i conti anche con l’inflazione galoppante, con il Partito Conservatore che lo ha accusato di aver provocato l’impennata del costo della vita: tesi discutibile – l’inflazione infatti sta colpendo tutti gli stati occidentali – ma che ha fatto preso in una parte dell’opinione pubblica canadese.
Il premier: le urne gli sorridono, ma i problemi restano. Alti e bassi anche per Doug Ford, la cui maggiore soddisfazione è arrivata ovviamente dalle elezioni provinciali del 2 giugno. Alle urne il premier dell’Ontario ha conquistato un’ampia maggioranza parlamentare, favorito anche dall’oggettiva debolezza dell’Ndp guidato da Andrea Horwah e dei liberali capeggiati da Steven Del Duca.
Ma dopo la vittoria, sono arrivati i problemi. Il più grave è quello relativo alla Sanità provinciale, che si trova in uno stato di crisi senza precedenti: tempi d’attesa biblici ai pronto soccorso, cronica mancanza di personale, chiusura di alcuni reparti, rinvio di operazioni chirurgiche e visite, stato di emergenza in pediatria. Insomma, un sistema in ginocchio, messo a dura prova anche dall’ultimo colpo di coda della pandemia e dall’influenza, particolarmente virulenta quest’anno. Dolori anche dal settore scolastico, dove dopo mesi di trattativa il Cupe ha proclamato lo sciopero e il governo ha approvato una legge che lo rendeva illegale e che imponeva addirittura l’accettazione del contratto collettivo.
Ford, dopo aver fatto la voce grossa, ha dovuto fare un passo indietro, annullando il provvedimento “liberticida” e cedendo, almeno in parte, alle richieste sindacali.
Il sindaco: la conferma a City Hall e i controversi super poteri. Simile a quella del primo ministro e del premier la parabola del sindaco di Toronto. Tory, come ampiamente previsto, non ha avuto alcuna difficoltà a conquistare il terzo mandato per la poltrona di sindaco, anche per la mancanza di un avversario credibile alle urne.
Ma lo stesso primo cittadino ha iniziato ad avere delle difficoltà oggettive dopo l’approvazione di una legge provinciale – su sua richiesta, tra l’altro – che concede ai sindaci di Toronto e Ottawa una lunga lista di poteri senza precedenti: diritto di veto, potere di iniziativa sul budget cittadino e possibilità di portare avanti i singoli provvedimenti anche con il semplice appoggio di otto consiglieri comunali su venticinque.
A City Hall la scorsa settimana è di fatto scattata la ribellione, con diciassette consiglieri che hanno chiesto ufficialmente a Ford di annullare la riforma e a Tory di rinunciare ai nuovi poteri. Il sindaco da questo orecchio non ci vuole sentire e a City Hall si preannuncia un 2023 carico di polemiche.
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