Canada

Sikh ucciso, tre arresti: tensione fra India e Canada

EDMONTON – Tre giovani indiani sono stati arrestati con l’accusa di essere i responsabili dell’assassinio di un esponente separatista dei Sikh, Hardeep Singh Nijjar, 45 anni, ucciso nel giugno del 2023 fuori da un tempio Sikh nel Surrey, in British Columbia. Un delitto, lo ricordiamo, del quale il primo ministro Justin Trudeau accusò subito, il governo indiano, causando una grave crisi diplomatica fra i due Paesi.

Gli arrestati sono Kamalpreet Singh, Karanpreet Singh e Karan Brar, tutti giovani, accusati di omicidio di primo grado e cospirazione nel caso Nijjar, secondo i documenti depositati venerdì in un tribunale del Surrey. Ttti e tre gli uomini sono stati arrestati separatamente ad Edmonton senza incidenti: due di loro nelle loro case ed un altro altrove.

Fonti vicine alle indagini hanno riferito alla CBC che la polizia sta indagando attivamente su possibili collegamenti con altri tre omicidi in Canada, inclusa la morte di un ragazzo di 11 anni a Edmonton.

“Il Canada è un Paese governato da uno stato di diritto con un sistema giudiziario forte e indipendente, nonché un impegno fondamentale nel proteggere tutti i suoi cittadini”, ha detto Trudeau sabato scorso, commentando la notizia degli arresti durante un gala di Toronto che celebra il patrimonio e la cultura Sikh. “Come ha affermato l’RCMP, l’indagine resta in corso, così come un’indagine separata e distinta che non si limita al coinvolgimento delle tre persone arrestate ieri”. Il primo ministro ha riconosciuto che molti nella comunità Sikh canadese si sentono insicuri dopo l’uccisione di Nijjar, aggiungendo: “Ogni canadese ha il diritto fondamentale di vivere in sicurezza e libero da discriminazioni e minacce di violenza in Canada”.

Nijjar era un cittadino canadese (nato in India, in un villaggio in Punjab, ed immigrato negli anni ’90) che faceva una campagna per la creazione del Khalistan, una patria Sikh indipendente ricavata dall’India. La presenza di gruppi separatisti Sikh in Canada ha a lungo frustrato Nuova Delhi, che aveva etichettato Nijjar come un “terrorista”. Il vice commissario dell’RCMP, David Teboul, comandante della forza per la regione del Pacifico, ha detto venerdì che non avrebbe commentato i presunti collegamenti tra i tre uomini arrestati e funzionari indiani, ma ha detto che l’RCMP sta “indagando sui collegamenti con il governo indiano”.

Sabato scorso, il ministro indiano degli Affari Esteri, Subrahmanyam Jaishankar, ha detto che il suo Paese aspetterà che la polizia canadese condivida le informazioni sui tre uomini indiani arrestati e accusati. Jaishankar ha inoltre affermato di aver visto che i sospettati “apparentemente sono indiani appartenenti ad una specie di gang… dovremo aspettare che ce lo dica la polizia. Ma, come ho detto, una delle nostre preoccupazioni che abbiamo è che, sapete, è stato permesso alla criminalità organizzata dell’India, in particolare del Punjab, di operare in Canada”. Jaishankar ha dunque criticato il governo canadese per aver consentito l’ingresso nel Paese a persone legate alla criminalità organizzata. “Il nostro problema più grande in questo momento è in Canada, perché in Canada, in realtà oggi il partito al potere in Canada… [ha] dato a questo tipo di estremismo, separatismo, ed ai sostenitori della violenza una certa legittimità in nome della libertà di parola”, ha detto Jaishankar.

La tensione sui due Paesi, dunque, resta alta.

Nella foto in alto, il primo ministro Justin Trudeau durante la sua partecipazione alla festa “Vaisakhi” dei Sikh (screenshot da un video sul suo profilo Twitter X)

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