TORONTO – Il progetto di “asfaltare” la Greenbelt con nuovi palazzi per risolvere l’emergenza abitativa è definitivamente saltato. Galeotto fu un massaggio: quello che avrebbero ricevuto, nello stesso momento, in una Spa di Las Vegas, il ministro (ormai ex) per la fornitura di servizi pubblici e alle imprese dell’Ontario, Kaleed Rasheed, l’ex segretario del premier Doug Ford, Amin Massoudi ed un costruttore, Shakir Rehmatullah, fondatore di FLATO Development,una società elencata come proprietaria di due dei siti rimossi dalla Greenbelt e diventati, quindi, edificabili con grande fortuna per il costruttore.
Il massaggio in questione – che, coincidenza, ha come nome “il rituale della buona fortuna” – che ha portato, l’altro ieri, alle dimissioni di Rasheed – è finito nel mirino del commissario per l’integrità J. David Wake grazie ad una serie di servizi giornalistici realizzati da The Trillium e da CTV che hanno evidenziato una serie di dettagli relativi a quel viaggio a Las Vegas, supportati da testimonianze di alcuni dipendenti della Spa. In particolare, ci sarebbero discrepanze fra quanto dichiarato dal ministro al commissario per l’integrità e quanto testimoniato dai dipendenti della Spa. Da qui, la decisione di Rashhed di dimettersi: dimissioni accettate dal premier Doug Ford che ieri pomeriggio, dopo una riflessione con i parlamentari provinciali, ha annunciato la decisione di annullare il progetto di “aprire” la Greenbelt ai costruttori. “Sono molto, molto dispiaciuto”, ha detto Ford ieri in conferenza stampa. “È stato un errore aprire la Greenbelt”. E poi ha annunciato che seguirà l’esempio del primo ministro Justin Trudeau che ha recentemente annunciato il taglio della GST sulle costruzioni di nuove case popolari destinate all’affitto: anche il governo provinciale taglierà la sua parte di tassa, per favorire nuove costruzioni e mantenere così l’obiettivo di realizzare nuove abitazioni accessibili.
In una dichiarazione rilasciata mercoledì, Rasheed aveva affermato di aver preso la decisione di dimettersi “per non distrarre il governo dall’importante lavoro che sta facendo. Non vedo l’ora di compiere i passi necessari per riabilitare il mio nome presso il commissario per l’integrità, in modo da poter tornare nel team dei Conservatori dell’Ontario il prima possibile”, ha affermato l’ex ministro. Fino a quel momento, Rasheed siederà come indipendente nella legislatura in rappresentanza di Mississauga East-Cooksville.
Rasheed è il secondo ministro costretto a dimettersi dopo che il rapporto di un commissario per l’integrità ha rilevato che le decisioni sullo sviluppo della “cintura verde” sono state prese senza trasparenza o la necessaria supervisione. Poche settimane fa, infatti era toccato al ministro dell’Edilizia Abitativa, Steve Clark, che secondo il commissario per l’integrità avrebbe infranto le regole etiche per “non aver supervisionato il processo attraverso il quale le terre nella Greenbelt sono state selezionate per lo sviluppo”. In sostanza, con la sua condotta avrebbe favorito alcuni costruttori a discapito di altri.
Le opposizioni, intanto, attaccano. La leader dell’NDP Marit Stiles afferma che le seconde dimissioni all’interno del governo Ford dimostrano che il governo “sta andando fuori controllo. Questo è il secondo ministro conservatore nel giro di poche settimane a dimettersi e sappiamo che stiamo solo grattando la superficie”, ha scritto in una nota.
In una dichiarazione, il leader liberale ad interim dell’Ontario, John Fraser, ha affermato che le dimissioni sono preoccupanti e sono un segno di “problemi profondi” all’interno del governo. “Tutte le strade portano all’ufficio del Premier in questo accordo dietro le quinte da 8,3 miliardi di dollari di cui hanno beneficiato gli amici ed i raccoglitori di fondi di Doug Ford”, ha detto Fraser. “I liberali dell’Ontario chiedono a Ford di aprire i conti della ‘Greenbelt’ da 8,3 miliardi di dollari e di dare agli abitanti dell’Ontario le risposte che meritano”.
Nell’immagine in alto, Kaleed Rasheed con il premier Doug Ford in un video pubblicato da Ford su Twitter nello scorso mese di giugno (@fordnation)
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