Italia

Mostro di Firenze: si indaga
sul nesso fra i delitti seriali
e le morti “collaterali”

FIRENZE – Intorno alla vicenda del “mostro di Firenze”, il (ma c’è chi dice “i”) serial killer che seminò panico e morte nelle campagne fiorentine negli anni ’70 e ’80, ruotano tante morti “collaterali”: oltre ai sedici giovani barbaramente uccisi, infatti, in quegli anni (e nei successivi anni ’90) morirono in circostanze misteriose numerose persone collegate in qualche modo alla vicenda del “mostro”.

Il 23 dicembre 1980 muore impiccato nella sua casa di Sambuca il contadino Renato Malatesta, marito di Maria Antonietta Sperduto, donna che aveva rapporti con i “compagni di merende” Pietro Pacciani e Mario Vanni finiti in carcere con l’accusa di essere i “mostri” (insieme a Giancarlo Lotti). La salma di Renato viene riesumata per il sospetto di omicidio: i suoi piedi toccavano terra. Nell’estate del ’93, mentre Pacciani è in carcere, Francesco Vinci – arrestato nel 1983 per i delitti del “mostro” e scagionato dal duplice delitto di Giogoli compiuto il 9 settembre 1983 mentre lui era detenuto – fa una fine orrenda: gli assassini lo incaprettano con un amico sardo, Angelo Vargiu, e danno fuoco alla sua auto nei boschi di Chianni. In quella stessa estate, il 19 agosto, a Barberino Val d’Elsa, Milva Malatesta, 31 anni, figlia di Renato Malatesta e di Maria Antonietta Sperduto, muore bruciata nella sua macchina insieme con il figlio Mirko di appena 3 anni. Si saprà molti anni dopo che Milva, giovanissima, avrebbe partecipato ai festini organizzati da un altro personaggio legato alla vicenda del “mostro”: il ‘mago’ Salvatore Indovino, morto nel 1985. E poi, ancora, altre morti quantomeno sospette, in particolare di alcune prostitute che avrebbero fatto il tragico errore di frequentare le persone legate a quella vicenda.

Oggi, è la storia della famiglia Malatesta a tornare alla ribalta della cronaca, grazie all’istanza presentata un anno fa in Procura a Firenze dall’avvocato Alessio Fioravanti, legale di Luciano Malatesta, figlio di Renato e fratello di Milva.

l consulenti su mandato dell’avvocato Alessio Fioravanti – figlio di Pietro Fioravanti che difese Pietro Pacciani dall’accusa di essere autore materiale dei delitti – avrebbero infatti scoperto “elementi incontrovertibili” per collegare alcuni di quei fatti di sangue e dare una svolta alle indagini. Studiando i fascicoli, i due ricercatori avrebbero trovato un dettaglio importante, un nesso tra la morte di una prostituta uccisa e una delle vittime del mostro, come annunciato dall’avvocato Alessio Fioravanti dopo la presentazione dell’istanza, nel dicembre del 2022, senza però fare nessun riferimento al contenuto della presunta svolta, né sui delitti presi in esame: “Il materiale è stato depositato, non posso entrare nel merito perché c’è il segreto investigativo. Non voglio danneggiare la pista”, aveva dichiarato in quell’occasione l’avvocato al quotidiano italiano La Repubblica.

L’avvocato Alessio Fioravanti

È stata inoltre presentata dal team una integrazione alla relazione primaria con importanti spunti e suggerimenti d’indagine di supporto al quadro investigativo.

Ebbene, da quell’istanza sarebbe scaturita, un anno dopo, un’inchiesta della Procura di Firenze: a darne notizia, nei giorni scorsi, sul settimanale italiano Cronaca Vera, sono stati proprio i due consulenti di parte autori della scoperta, Dario Quaglia e Loris Martinelli, che collaborano con l’avvocato Alessio Fioravanti alle indagini difensive. Rispettivamente presidente e vicepresidente dell’associazione no profit “Cold Case Association” e conduttori del canale YouTube “I Mostri Di Firenze”, Quaglia e Martinelli hanno accettato di rispondere ad alcune domande.

Da sinistra: Loris Martinelli e Dario Quaglia

Potete confermare che la Procura di Firenze ha aperto un’inchiesta sulla base degli elementi presentati da voi e dall’avvocato Fioravanti?
“Sì, possiamo confermare che è stato aperto un fascicolo di indagine dopo la presentazione dell’esposto basato sulla relazione da noi prodotta”.

Cosa potete dire in proposito?
“Al momento, purtroppo, trattandosi di un elemento finora inedito non possiamo assolutamente dire nulla di più. Potrebbe pregiudicare le indagini e per questo siamo tenuti a rispettare il segreto investigativo. Bisognerà attendere l’esito delle indagini e gli eventuali sviluppi”.

In decenni di indagini, sono state fatte le ipotesi più svariate: dai “compagni di merende” al serial killer solitario, dalle sette sataniche alla massoneria, passando per la “pista sarda” e collegamenti persino al caso Zodiac. Qual è l’ipotesi, a vostro parere, che si avvicina di più alla verità?
“Secondo noi nessuna di queste piste riassume la verità dei fatti. Abbiamo elementi oggettivi per pensare che Pacciani e i compagni di merende fossero soltanto un capro espiatorio, la pista sarda non portò a nulla sebbene ancora oggi permangano interrogativi senza risposta. Riguardo Giampiero Vigilanti (il “legionario” finito nell’inchiesta in anni recenti, ndr), le approfondite indagini dei Ros non hanno portato a prove concrete, tantoché alla fine è risultato estraneo ai fatti. Per quanto concerne la pista Zodiac riteniamo sia priva di fondamento e appoggiamo in pieno le parole del sostituto procuratore Luca Turco riguardo l’archiviazione della denuncia verso Giuseppe Bevilacqua (l’italo-americano che fu sospettato di essere il serial killer statunitense noto come Zodiac, ndr): “Orbene, tale inchiesta giornalista è caratterizzata da suggestioni, supposizioni, asserite intuizioni e non contiene nessun elemento fattuale suscettibile ad assurgere a dignità di indizio”. Sette e massoneria sono state oggetto di approfonditissime indagini, senza che mai si riuscisse a provare un reale collegamento coi delitti. Il serial killer unico ovviamente non si può certo escludere, sebbene siamo propensi a ritenere che gli omicidi siano stati commessi da più persone”.

Quali piste pensate dovessero essere più battute dagli inquirenti, negli anni immediatamente successivi ai delitti?
“Dal 1968 ad oggi gli inquirenti hanno attenzionato migliaia di persone e relative frequentazioni. Dal nostro punto di vista, alcuni di questi sono stati accantonati troppo presto, altri non sono neppure entrati nelle indagini se non superficialmente. La vittimologia è stata completamente trascurata, ma è possibile che una corretta analisi di questo tipo avrebbe potuto permettere di trovare un filo comune tra i delitti”.

Avete chiamato il vostro canale YouTube “I mostri di Firenze”: quel plurale si riferisce ai “compagni di merende”, o…?
“Sarebbe riduttivo pensare ai “mostri” come soltanto i compagni di merende: il nome del canale fa percepire la nostra idea sulla vicenda… “un gruppo”. Siamo molto entusiasti dei risultati che abbiamo avuto in questi due anni come divulgatori attraverso il canale, abbiamo abbondantemente superato il milione di visualizzazioni senza mai lucrare con abbonamenti impiegando il nostro tempo gratuitamente per portare attenzione sulla vicenda. Possiamo annunciare che anche il nostro sito web si chiamerà “i mostri di firenze.it” e sarà pubblicato e fruibile nelle prossime settimane”.

La nuova inchiesta potrebbe rappresentare un punto di partenza per fare luce su delitti per i quali non sono mai stati trovati colpevoli: esecuzioni di testimoni scomodi nella vicenda del “mostro”?

Per vedere il canale YouTube “I mostri di Firenze”, cliccare qui: https://www.youtube.com/@IMOSTRIDIFIRENZE

L’immagine in alto è un “collage” che circola on line, con le foto di alcuni dei protagonisti (e vittime) della vicenda del “mostro” 

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