Canada

Vita troppo cara: un canadese su quattro fa un lavoro “gig”

TORONTO – Sono sempre più numerosi i canadesi che cercano di incrementare il proprio reddito facendo un lavoro temporaneo da freelance, il cosiddetto “gig”, per poter far fronte al crescente costo della vita: è quanto emerge da un nuovo rapporto condotto dalla compagnia assicurativa “Securian Canada” in collaborazione con l’Angus Reid Institute.

La “Securian” ha intervistato 1.515 canadesi nell’Angus Reid Forum e ha chiesto quanti guadagnano un reddito “al di fuori dei rapporti standard datore di lavoro-dipendente”: un quarto degli intervistati ha risposto di fare lavori “gig”, cioè a breve termine, per poter guadagnare di più in meno tempo, perché la vita è troppo cara.

Un esempio di “gig worker” è quello di Cheryl Loh, una graphic designer freelance con sede a Vancouver, che ha raccontato alla CBC di essere riuscita a tenere il passo con il costo della vita lasciando la forza-lavoro tradizionale per offrire servizi di progettazione grafica. “Posso decidere come trascorrere la mia giornata e non c’è limite al reddito che voglio guadagnare”, ha detto Loh. “Dipende tutto da me”. Loh ha detto di essere entrata per la prima volta nella gig economy per lanciare un progetto: una linea di biglietti di auguri che vendeva nel tempo libero. “All’inizio era solo per divertimento”, ha detto. “Non c’era alcuna pressione sul fatto che fosse un reddito a tempo pieno”. Durante la pandemia, Loh ha cambiato marcia: i suoi biglietti d’auguri sono passati in secondo piano rispetto al lavoro di progettazione grafica freelance. Ora, invece di avere uno stipendio regolare, lavora con clienti che la pagano per ogni progetto. Anche se potrebbe non avere la stessa stabilità di un lavoro a tempo pieno, Loh stabilisce le proprie tariffe ed i propri orari e può scegliere quali progetti intraprendere. E stima di guadagnare più di quanto guadagnerebbe con un normale lavoro a tempo pieno. “È molto difficile per me immaginare di tornare a un lavoro tradizionale perché sento di avere molto più controllo sul mio tempo”, ha detto.

Tornando all’indagine, i lavoratori più giovani hanno maggiori probabilità di partecipare al lavoro “gig”, con il 30% degli intervistati di età compresa tra 18 e 34 che partecipano alla gig economy. Circa il 23% degli intervistati tra i 35 e i 54 anni ha dichiarato di essere lavoratori “gig”. Degli intervistati sopra i 55 anni, solo il 16% ha dichiarato di partecipare. Secondo il sondaggio, inotre, le persone razzializzate hanno maggiori probabilità di lavorare nel settore gig-worker rispetto ai bianchi: tra i canadesi intervistati, infatti, il 32% degli intervistati razzializzati partecipa alla gig economy, mentre solo il 20% degli intervistati bianchi ha un lavoro “gig”. TORONTO – Sono sempre più numerosi i canadesi che cercano di integrare il proprio reddito principale facendo un lavoro temporaneo da freelance, il cosiddetto “gig”, per poter far fronte al crescente costo della vita: è quanto emerge da un nuovo rapporto condotto dalla compagnia assicurativa “Securian Canada” in collaborazione con l’Angus Reid Institute.

La “Securian” ha intervistato 1.515 canadesi nell’Angus Reid Forum e ha chiesto quanti guadagnano un reddito “al di fuori dei rapporti standard datore di lavoro-dipendente”: un quarto degli intervistati ha risposto di fare lavori “gig”, cioè a breve termine, per poter guadagnare di più in meno tempo, perché la vita è troppo cara.

Un esempio di “gig worker” è quello di Cheryl Loh, una graphic designer freelance con sede a Vancouver, che ha raccontato alla CBC di essere riuscita a tenere il passo con il costo della vita lasciando la forza-lavoro tradizionale per offrire servizi di progettazione grafica. “Posso decidere come trascorrere la mia giornata e non c’è limite al reddito che voglio guadagnare”, ha detto Loh. “Dipende tutto da me”. Loh ha detto di essere entrata per la prima volta nella gig economy per lanciare un progetto: una linea di biglietti di auguri che vendeva nel tempo libero. “All’inizio era solo per divertimento”, ha detto. “Non c’era alcuna pressione sul fatto che fosse un reddito a tempo pieno”. Durante la pandemia, Loh ha cambiato marcia: i suoi biglietti d’auguri sono passati in secondo piano rispetto al lavoro di progettazione grafica freelance. Ora, invece di avere uno stipendio regolare, lavora con clienti che la pagano per ogni progetto. Anche se potrebbe non avere la stessa stabilità di un lavoro a tempo pieno, Loh stabilisce le proprie tariffe ed i propri orari e può scegliere quali progetti intraprendere. E stima di guadagnare più di quanto guadagnerebbe con un normale lavoro a tempo pieno. “È molto difficile per me immaginare di tornare a un lavoro tradizionale perché sento di avere molto più controllo sul mio tempo”, ha detto.

Tornando all’indagine, i lavoratori più giovani hanno maggiori probabilità di partecipare al lavoro “gig”, con il 30% degli intervistati di età compresa tra 18 e 34 che partecipano alla gig economy. Circa il 23% degli intervistati tra i 35 e i 54 anni ha dichiarato di essere lavoratori “gig”. Degli intervistati sopra i 55 anni, solo il 16% ha dichiarato di partecipare.

Sylvia Fuller, ricercatrice del mercato del lavoro presso l’Università della British Columbia, afferma che il sondaggio fa luce anche su un altro fatto: mentre i lavoratori si rivolgono ad impieghi freelance od a contratto, sono i datori di lavoro in realtà a guidare uno spostamento più ampio verso il lavoro temporaneo. Secondo la ricercatrice, infatti, i datori di lavoro sono meno propensi ad assumere lavoratori a tempo indeterminato, che comportano costi, come benefici o pensioni. “Questo – sottolinea – è un fenomeno guidato dai datori di lavoro”.

Foto di Austin Distel da Unsplash

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