Canada

“Trudeau, qual è
la verità sul caso Cina?”

TORONTO – Il comportamento di Justin Trudeau nel caso Cina “o non è onesto o non è molto trasparente. Quale dei due?”: a chiederlo sono le opposizioni che ritengono insufficiente e tardiva la risposta del primo ministro in merito alle presunte interferenze cinesi nelle elezioni federali del 2019. Interferenze che sono state il motivo di scontro fra lo stesso Trudeau ed il presidente cinese Xi Jinping al G20 di Bali e sulle quali, poi, l’altro ieri il primo ministro ha dichiarato di non aver mai ricevuto alcuna informazione ufficiale da parte dell’intelligence canadese.

“Perché il primo ministro ha impiegato due settimane per dire che non era stato informato sui candidati che ricevevano denaro dalla Cina? Global News ha riferito il 7 novembre che il primo ministro era stato informato in merito lo scorso gennaio. Noi abbiamo iniziato a fare domande il 14 novembre. Perché ci sono volute due settimane per chiarire?” chiede Michael Chong, ministro-ombra conservatore agli Affari Esteri, su Twitter.

Com’è noto, Global News il 7 novembre ha pubblicato una serie di indiscrezioni relative ad una (preseunta) operazione del Consolato Cinese a Toronto che avrebbe trasferito $ 250.000 ad uno staff non identificato della campagna federale, che ha poi inviato la somma ad un anonimo MPP dell’Ontario, che ha a sua volta distribuito i fondi ad una “rete” comprendente 11 candidati federali e 13 membri dello staff della campagna, tutti legati al Partito Comunista Cinese.

“Non ho alcuna informazione né sono stato informato su eventuali candidati federali che ricevono denaro dalla Cina”, ha poi dichiarato domenica Trudeau che, però, pochi giorni prima, al vertice del G20, era stato “bacchettato” da Jinping per avere rivelato alla stampa i contenuti di un loro colloquio proprio sulle interferenze cinesi nelle elezioni federali canadesi.

“O sta nascondendo la verità e sa che la Cina sta cercando di destabilizzare la nostra democrazia o sta rivelando di essere diplomaticamente irresponsabile al punto da essere pericoloso”, ha detto ieri alla Camera il capogruppo del Bloc Québécois, Alain Therrien. “Il governo si rifiuta di rispondere a una domanda molto semplice – ha aggiunto Michael Chong – e deve ancora dire alla Camera chi sono questi 11 candidati ‘filo-cinesi’ alle elezioni. Cosa nascondono?”.

Trudeau non era presente alla Camera, quindi la risposta è toccata al ministro della Pubblica Sicurezza, Marco Mendicino, che al di là di dichiarazioni di convenienza (“chiunque interferisca con le nostre elezioni dovrà affrontare gravi conseguenze”), non ha confermato né smentito se a gennaio lui o il primo ministro fossero stati informati da funzionari dell’intelligence in merito alle accuse di interferenza cinese.

Intanto, la commissione per le procedure e gli affari interni sta indagando e ha invitato a testimoniare il consigliere per la sicurezza nazionale del primo ministro Jody Thomas, il ministro degli Esteri, Mélanie Joly e il capo dell’ufficiale elettorale del Canada, Stéphane Perrault.

Nella foto in alto, Justin Trudeau e Xi Jinping durante l’ormai celebre “faccia a faccia” di Bali (screenshot dal video diffuso sui social)

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