Ontario

Science Table: “Sistema
sanitario alla frutta”

TORONTO – Un finale “col botto”, come si suol dire: uscendo di scena, il Covid-19 Science Advisory Table – istituito per far fronte alla pandemia e disciolto in settembre – ha tracciato un quadro a tinte fosche dello stato della sanità in Ontario. Distribuzione ineguale dell’accesso alle cure primarie in tutta la provincia, carenza di dati su quella stessa assistenza e gravi problemi di comunicazione generali, impossibilità di contattare i medici di famiglia, personale sanitario allo stremo. Un disastro, insomma.

“C’è un enorme numero di persone che non sono in grado di accedere alle cure primarie in Ontario, abbiamo una forza-lavoro esausta e dobbiamo pensare in modo diverso alle cure che forniremo in futuro”, afferma la principale autrice del report del Table, dottoressa Danielle Martin, medico di famiglia e presidente del dipartimento di Medicina di Famiglia e di Comunità dell’Università di Toronto.

Secondo il Table, un approccio alle cure primarie basato sul “team” risponderebbe meglio alle esigenze dei pazienti ed aiuterebbe ad affrontare il numero, elevato in modo allarmante, di residenti dell’Ontario senza un medico di famiglia. Quel numero attualmente è di 1,8 milioni, mentre altri 1,7 milioni di abitanti dell’Ontario hanno un medico di età pari o superiore a 65 anni e ricerche recenti mostrano che i primi sei mesi della pandemia hanno stimolato un vero e proprio esodo di medici di famiglia. “Una delle più grandi lezioni che abbiamo imparato è che le persone che hanno avuto a che fare con un team, piuttosto che con singoli professionisti, hanno avuto una migliore esperienza di assistenza durante questa pandemia”, ha detto la dottoressa Martin.

C’è poi un problema nel problema: con così tante procedure e interventi chirurgici annullati a causa del Covid-19, i medici di famiglia e gli infermieri stanno sopportando l’ulteriore peso di riportare i “vecchi” pazienti alle cure di cui hanno bisogno. Secondo la dottoressa Martin, quindi, l’unica via d’uscita è creare dei “team” di assistenza primaria includendo anche farmacisti, assistenti medici, assistenti sociali e operatori sanitari della comunità. “Altrimenti sarà molto difficile uscire da questa pandemia in un modo che non causi il completo collasso dei nostri reparti di emergenza e deinostri ospedali”, ha sottolineato.

L’altra criticità rilevata dal Tavolo Scientifico è la mancanza di equità nell’accesso alle cure: le persone provenienti dalle comunità rurali e dalle periferie interne, i nuovi canadesi e gli emarginati sono rimasti con bassi livelli di assistenza primaria. Ci sono però alcune iniziative guidate dalla comunità che dovrebbero essere replicate e ampliate, ha affermato il Table, citando come esempio il Black Creek Community Health Center nella zona nord-ovest di Toronto.

I “team” di assistenza primaria hanno coinvolto “ambasciatori” della comunità e organizzato cliniche per i vaccini aperte durante la sera e nei fine settimana per accogliere i lavoratori essenziali. Ciò ha portato ad una significativa diffusione del vaccino dal 5,5% della popolazione nell’area nell’aprile 2021 al 56,3% appena un mese dopo.

“I leader della comunità hanno preso l’iniziativa e il sistema sanitario per una volta ha seguito ciò che i leader stessi avevano da dire, ascoltato e preso istruzioni da persone che hanno capito come raggiungere al meglio la loro gente”, ha affermato la dottoressa Martin.

“Questo sistema deve diventare permanente se vogliamo continuare a colmare queste lacune di equità e fornire cure migliori agli indigeni, alle persone di colore ed altri gruppi razzializzati”.

Un altro problema è quello della comunicazione e dell’analisi dei dati. “Abbiamo centinaia e migliaia di professionisti indipendenti che utilizzano cartelle cliniche elettroniche, ma non abbiamo modo di accedere a tali dati in modo sicuro per condurre ricerche o miglioramenti della qualità dei servizi sanitari offerti”, ha sottolineato la dottoressa Martin. E questa mancanza di dati integrati “ha compromesso la risposta nella cura della pandemia”. “Questo sistema di dati disgiunto e non completo significa che i dirigenti del sistema sanitario non possono ‘misurare’ ciò che si sta facendo, chi si sta assistendo e l’efficacia di tale assistenza, rendendo dunque difficile identificare le lacune nelle cure”, rileva il Tavolo.

Infine, non c’è modo di comunicare facilmente con i medici di famiglia della provincia. “Anche ora, dopo due anni e mezzo di pandemia, non esiste un elenco centralizzato di facile accesso che i funzionari del governo o della sanità pubblica possano utilizzare per inviare un messaggio chiaro ed unico al settore delle cure primarie”, ha detto la dottoressa Martin. “È sbalorditivo.”

Il dottor Fahad Razak, direttore scientifico del Tavolo, ha a sua volta sottolineato come “sempre di più l’onere della gestione del Covid-19 ricadrà sui medici di base. E ciò include non solo la cura di eventuali nuove infezioni, ma anche di condizioni come il lungo-Covid”.

Se anche la pandemia fosse finita, la vera emergenza a quanto pare inizia adesso…

Foto di Online Marketing da Unsplash

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