OTTAWA – Stop agli scioperi nei maggiori porti canadesi del Quebec e della British Columbia: lo ha deciso ieri il ministrofederale del Lavoro, Steven MacKinnon, imponendo alle parti un “arbitrato finale e vincolante”.
I lavoratori portuali stavano incrociando le braccia da diversi giorni, poiché sindacati e datori di lavoro non erano riusciti a raggiungere un accordo: gli operai del porto di Montreal avevano dato il via ai “picchetti” domenica sera, unendosi ai loro colleghi già in sciopero della British Columbia. Un’astensione del lavoro che ha ostacolato un flusso di beni – quelli che transitano quotidianamente attraverso questi canali – del valore di oltre 1,2 miliardi di dollari al giorno per quanto riguarda i porti di Montreal e Vancouver.
Per evitare ulteriori danni ecoonomici, il ministro MacKinnon ha quindi incaricato il Canada Industrial Relations Board di “ordinare la ripresa di tutte le operazioni ed i compiti nei porti e di assistere le parti nella risoluzione dei loro contratti collettivi imponendo un arbitrato finale e vincolante”. MacKinnon ha aggiunto che si aspetta che il lavoro riprenda a pieno ritmo nel giro di pochi giorni. “Queste interruzioni del lavoro mettono a rischio la nostra meritata reputazione di affidabilità – ha poi detto il ministro – : i canadesi hanno una tolleranza limitata per l’autolesionismo economico”.
È la seconda volta nel giro di pochi mesi che il governo federale guidato dai Liberali impone un arbitrato vincolante per porre fine ad un blocco del lavoro: l’ultima volta ha utilizzato tali poteri per porre fine allo stop delle due più grandi compagnie ferroviarie canadesi, nello scorso mese di agosto. Ma il sindacato “Teamsters” (che rappresenta i lavoratori delle due compagnie, CN-Rail e CPKC) ha avviato una causa contro il governo per presentare ricorso contro la decisione di porre fine all’interruzione del lavoro: la questione è ancora davanti ai tribunali. MacKinnon già sa che susciterà polemica anche questo nuovo “diktat” del governo federale, ma ha ribadito che con quell’entità dell’impatto economico “qualsiasi governo responsabile” sarebbe intervenuto. “Mentre le perdite economiche minacciano il Paese, spetta al governo garantire che venga raggiunto un accordo equo”, ha sottolineato MacKinnon.
Intanto, il leader dell’NDP, Jagmeet Singh, ha criticato la decisione del governo, accusando il primo ministro Justin Trudeau ed il suo partito di aver ceduto “all’avidità aziendale” e di aver sottratto potere ai sindacati. “I canadesi pagheranno per l’attacco anti-operaio di Trudeau”, ha detto Singh. “Gli ordini di ritorno al lavoro sopprimono i salari di tutti i canadesi, quindi i miliardari diventano più ricchi ed il resto dei canadesi resterà più indietro. E soprattutto nel caso dei negoziati sui porti, l’ordine di Trudeau sta mettendo a rischio i buoni posti di lavoro canadesi” ha detto Singh, aggiungendo che “l’unico posto per ottenere un accordo equo è al tavolo delle trattative”.
Nelle ultime settimane, però, lo stesso Singh ha avuto più di un’occasione per far cadere il governo “anti-operaio” di Trudeau, con le mozioni di sfiducia presentate dai Conservatori, ma non l’ha fatto: il suo partito, l’NDP, non ha appoggiato le mozioni, salvando ancora una volta il governo liberale di Trudeau. Chissà cosa ne pensano gli operai canadesi. Probabilmente lo scopriremo alle prossime elezioni federali.
Il ministro federale del Lavoro, Steven MacKinnon, col primo ministro Justin Trudeau (da Twitter X – @stevenmackinnon)
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