FIRENZE – Un mistero che va avanti da 55 anni, otto duplici efferati omicidi, una serie imprecisata di morti “collaterali” e soltanto due condanne definitive, di fatto senza prove schiaccianti e basate su testimonianze spesso contraddittorie, e solo per quattro degli otto duplici delitti. È una vicenda infinita quella del “mostro di Firenze”, o dei “mostri” che seminarono il panico nelle campagne fiorentine fra gli anni ’70 e ’80, uccidendo le coppiette che si appartavano per qualche momento di intimità e, spesso, infierendo sui corpi delle donne alle quali venivano asportate, con precisione chirurgica, parti intime.
È una vicenda, quella del “mostro”, della quale si è detto di tutto e di più: ipotesi “sataniche”, presunti coinvolgimenti di personaggi importanti, piste svariate e, in certi casi, improbabili. Ma si è sempre parlato poco dei familiari delle vittime, molti dei quali rassegnati a convivere con un dolore privo del conforto che in certi casi solo la giustizia, seppure in parte, può dare.
Negli anni ’80, il padre di una delle vittime, Renzo Rontini, condusse una battaglia personale per la ricerca della verità sulla morte della figlia Pia, uccisa a soli 18 anni con il fidanzatino Claudio Stefanacci nel luglio del 1984 in una piazzola di Vicchio dove i due giovani si erano appartati. Renzo morì qualche anno dopo il delitto, stroncato da un infarto, a pochi passi dalla Questura dove andava a ritirare il mensile che il sindacato di Polizia gli dava per vivere, visto che si era ridotto sul lastrico per concentrarsi sulle indagini che aveva condotto personalmente.
Oggi, a raccoglierne il testimone sono Anne ed Estelle Lanciotti (figlie di Nadine Mauriot, uccisa nel settembre del 1985 con il compagno Jean-Michel Kraveichvili: all’iniziativa di Anne ed Estelle si è unita anche la sorella di Jean-Michel, Daniele) e Rosanna De Nuccio (sorella di Carmela, uccisa nel giugno del 1981 con il fidanzato Giovanni Foggi) che hanno chiesto, invano, alla Procura di Firenze di riaprire le indagini.
I familiari si sono affidati ai legali Antonio Mazzeo, Vieri Adriani e Valter Biscotti che si sono avvalsi della consulenza di uno dei massimi esperti della vicenda: Paolo Cochi (nella foto sotto), reporter e documentarista, autore del volume “Al di là di ogni ragionevole dubbio” nel quale ricostruisce gli ultimi sviluppi investigativi della vicenda del “mostro”.
Dottor Cochi, quali sono i nuovi elementi sui quali si basa la richiesta di riapertura delle indagini?
“Si basa su elementi di novità emersi nel corso di questi ultimi anni, raccolti di recente, non solo sulla retrodatazione del delitto di Scopeti (quello del settembre del 1985, quando furono uccisi i francesi Jean-Michel Kraveichvili e Nadine Mauriot, ndr), ma anche sulla dimostrazione fotografica antecedente al delitto. Nei fotogrammi dei francesi si vedrebbe la tenda delle due vittime già strappata. Questo elemento sarebbe inevitabilmente la prova che i testimoni mentirono” (quando affermarono di aver visto i presunti autori del delitto tagliare la tenda, ndr).
Perché, secondo lei, la Procura di Firenze si oppone ostinatamente alla richiesta dei familiari delle vittime?
Questa è una domanda che dovrebbe essere rivolta al Procuratore di Firenze. Temporalmente ciò è avvenuto subito dopo aver fatto un determinato nome. Nome collegato ad un magistrato che si occupò della vicenda come inquirente”.
Che cosa, secondo lei, non è mai stato fatto dagli inquirenti, negli ultimi 55 anni, per arrivare alla verità?
“Ha prevalso la convinzione dei singoli investigatori. È mancato un lavoro di staff e coordinamento tra polizia e carabinieri. La magistratura si spaccò e questo contribuì ad agevolare il caos”.
Pensa che ci siano ancora, a distanza di così tanto tempo, prove che potrebbero inchiodare il vero responsabile (o veri responsabili) dei delitti?
“Da un punto di vista giuridico, lo escludo. Invece da quello storico della cronaca nera è ancora possibile risalire all’autore”.
Se lei fosse il magistrato titolare di un’eventuale nuova inchiesta sul “mostro”, in quale direzione indagherebbe oggi?
“Non vorrei esserlo, perché a quanto pare non sarebbero più reperibili tutti i documenti ed i reperti”.
Una lunga scia di sangue, due condanne e tanti dubbi irrisolti
FIRENZE – La notte del 21 agosto di cinquantacinque anni fa, a Signa, in provincia di Firenze, fu usata per la prima volta la Beretta Calibro 22 con la quale nei successivi diciassette anni, e sempre in quelle zone, furono commessi altri sette duplici omicidi. Anche se il primo di quei delitti, quello del 1968, venne considerato legato agli altri solo quindici anni dopo, tutti ad un certo punto vennero attribuiti a quello che i giornali chiamarono prima il “maniaco delle coppiette” e poi “il Mostro di Firenze”. Fu il primo caso di omicidi seriali in Italia riconosciuto come tale. La sua storia è intricata e confusa: inizia alla fine degli anni Sessanta, ma non è ancora stata del tutto chiarita.
Un uomo di nome Pietro Pacciani, il più noto tra le persone coinvolte, venne condannato in primo grado e poi assolto in appello: morì prima del nuovo processo chiesto dalla Cassazione. Due suoi amici – i cosiddetti “compagni di merende”, Mario Vanni e Giancarlo Lotti – vennero condannati per quattro degli otto duplici omicidi commessi. Nel tempo si è ipotizzato anche che potessero esserci stati dei mandanti, si parlò di moventi di natura esoterica, vi furono depistaggi, persone coinvolte che poi uscirono di scena e tantissime ipotesi.
Ecco l’elenco dei duplici omicidi: Antonio Lo Bianco e Barbara Locci (Signa, 21 agosto 1968); Pasquale Gentilcore e Stefania Pettini (Sagginale, 14 settembre 1974); Carmela De Nuccio e Giovanni Foggi (Mosciano di Scandicci, 6-7 giugno 1981), Stefano Baldi e Susanna Cambi (Travalle di Calenzano, 22 ottobre 1981), Paolo Mainardi e Antonella Migliorini (Baccaiano di Montespertoli, 19 giugno 1982); Horst Wilhelm Meyer e Jens-Uwe Rüsch (Giogoli, 9 settembre 1983); Pia Rontini e Claudio Stefanacci (Vicchio, 29 luglio 1984); Jean-Michel Kraveichvili e Nadine Mauriot (Scopeti, 8 settembre 1985, ma sulla data ci sono forti dubbi).
A queste sedici vittime vanno aggiunte quelle morti “sospette”, fra il 1982 e il 2002, di persone – almeno una dozzina – che erano legate in qualche modo alla vicenda del Mostro di Firenze e che, probabilmente, sapevano “troppo”: decessi avvenuti in circostanze misteriose e sui quali non è mai stata fatta piena luce.