TORONTO – Franco Misuraca, membro del Comites di Toronto, è stato nominato dalla Regione Calabria membro della Consulta dei Calabresi nel Mondo, un organismo che “assegna centralità a tutte le iniziative tese a diffondere la conoscenza della cultura italiana, con particolare riferimento a quella calabrese, quale strumento per la conservazione dell’identità culturale della terra d’origine, con particolare riguardo alle attività di informazione e comunicazione sulla realtà storica, economica, sociale, turistica e culturale della Calabria”. Oltre a lui, sono stati nominati anche – per il Canada – Daniela Callea, Menotti Mazzuca e Giacomo Parisi.
“Un membro della Consulta – spiega Misuraca – dovrebbe essere una sorta di ‘ambasciatore’ che interloquisca con le istituzioni locali per far promuovere tutto ciò che è calabrese, in particolare le eccellenze della nostra regione come i prodotti agroalimentari, i vini, eccetera. L’obiettivo deve essere un collegamento fra il mondo imprenditoriale canadese e la Calabria, rendendo più professionale un rapporto che è ancora ‘artigianale’. Prendiamo, per esempio, il settore dei vini del quale mi sono a lungo occupato sin dai primi anni in cui approdai in Canada, dal 1968 in poi: tutte le regioni sono presenti nel mercato canadese, mentre la Calabria è fanalino di coda. Solo di tanto in tanto si vedono prodotti negli scaffali dell’LCBO, ma poi spariscono perché la loro presenza è legata a programmi di breve entità. Bisogna fare in modo che quei prodotti siano sempre disponibili, in modo che tutti possano apprezzarne la qualità”.
Franco Misuraca coglie l’occasione della nomina a membro della Consulta per affrontare una serie di questioni legate ai connazionali all’estero, a partire dalla polemica sul Ministero per gli Italiani nel Mondo, annunciato da Silvio Berlusconi durante la campagna elettorale e poi non istituito: una vicenda che ha suscitato le critiche della sinistra. “La priorità non è certo quella, nella situazione in cui il Centrodestra si è ritrovato a governare l’Italia – spiega Misuraca – : piuttosto, è possibile avviare un percorso che possa valorizzare, nelle istituzioni, l’esperienza che possono portare gli Italiani all’estero. E poi, lasciatemelo dire: la sinistra ha sempre remato contro organismi come il Ministero per gli Italiani nel Mondo, i Comites e il Cgie, salvo poi sfruttarli a suo vantaggio: non a caso quasi tutti gli eletti all’estero negli ultimi anni sono del Pd. Ma cosa hanno fatto di concreto, una volta eletti? Niente. Mi viene in mente la senatrice Francesca La Marca e la vicenda della patente italiana non ancora riconosciuta in Canada: lei ha messo radici in Parlamento, ma gli Italiani in Canada devono ridare l’esame per avere la patente. Davvero un bel risultato”.
Misuraca affronta poi i problemi locali. “Ho incontrato il nuovo console generale Luca Zelioli: è una persona di grande professionalità e schiettezza ed è felice di essere qui perché quello di Toronto è un consolato unico al mondo per le caratteristiche che ha. E merita un console che abbia le capacità e la volontà di cambiare quanto si era visto finora”.
Diversa, invece, l’opinione sul Comites di Toronto. “Da quando sono stati istituiti i Comites – spiega Misuraca – , quello di Toronto non ha mai avuto la volontà o la capacità di interloquire con i mass media, in particolar modo con il Corriere Canadese, l’unico quotidiano in lingua italiana che dovremmo essere fieri di avere perché una comunità senza una voce è come un figlio orfano. E questa mancanza di volontà, purtroppo, manca anche nell’ultimo Comites, eletto circa un anno fa e di cui faccio parte. Io ho sollecitato l’attivazione di un tale rapporto con i mass media sin dalle prime riunioni, ma non è stato fatto niente e, sinceramente, non si capisce questo silenzio o questa avversità di dialogo da parte del Comites: vorrei che i miei colleghi me la spiegassero, perché a me pare incomprensibile che un organismo come il Comites non pubblicizzi le proprie attività nell’unico quotidiano italiano esistente, che entra nelle case di migliaia di italiani a Toronto”.
Misuraca solleva poi un’altra questione legata ai Comites: quella degli uffici nel Columbus Centre (Villa Charities). “Per me è assurdo fare le nostre riunioni lì – spiega Misuraca – e vi spiego perché. Quell’istituzione è nata per la comunità italiana, come organizzazione no profit: gli italiani tutti, a prescindere dalle appartenenze, hanno contribuito in modo sostanzioso per realizzarla, così come il governo provinciale e quello federale. Oggi, tale organizzazione no profit è diventata una società per azioni. Addirittura, come molti ricorderanno, qualche anno fa i vertici dello stesso Columbus Centre ed il Toronto Catholic District School Board avrebbero voluto demolire quella struttura per costruire un grattacielo di trenta piani nel quale la comunità italiana non sarebbe entrata né dalla porta né dalla finestra. Ma un gruppo di semplici cittadini, del quale facevo parte, è riuscito a bloccare tale operazione dopo due anni di battaglie, manifestazioni, raccolte di firme, il tutto mettendo a disposizione intere giornate di lavoro nonostante le riunioni organizzate dal TCDSB venissero appositamente prolungate fino alle ore notturne per scoraggiarci e lasciare campo libero ai costruttori. Gli è andata male, perché siamo riusciti a fare approvare la denominazione di Heritage Site, salvando il Columbus Centre. Il colmo è che nel giorno dell’inaugurazione della targa che decretava la denominazione di Heritage Site, il direttivo dell’epoca del Columbus Centre ci impedì di avvicinarci alla proprietà, lasciandoci fuori, con temperature che oscillavano fra i 20 e i 25 gradi sotto lo zero: questi ‘signori’ non hanno avuto neanche la dignità di farci entrare in quella che evidentemente consideravano una loro ‘proprietà’. Oggi, apparentemente sembra che si voglia far sì che il Columbus Centre ritorni ad essere il centro della comunità italiana, per esempio tenendo lì le riunioni del Comites. Ma finché i vertici di quell’istituzione non inviteranno la cittadinanza a fare parte del Consiglio di Amministrazione, il Columbus Centre resterà una società per azioni che con la comunità italiana non ha niente a che fare. Quindi – conclude Misuraca – io non parteciperò mai alle riunioni del Comites all’interno di quel luogo”.