TORONTO – Non poteva essere più azzeccato il titolo del nuovo libro di Maria Zarrone, scrittrice italocanadese (italiana al 100% ma emigrata in Canada all’età di 16 anni) alla sua quarta fatica letteraria: “Pensieri parole e poesie”. Così, senza virgola, tutto d’un fiato. Perché certi pensieri ti tolgono il respiro e se li trasformi in parole diventano poesie. Quelli di Maria, infatti, sono pensieri particolari: sono i pensieri di un’emigrata e sono diversi dai pensieri di tutti gli altri, perché restano eternamente in bilico fra il dolore e la malinconia, il rimpianto e la nostalgia. Sentimenti che emergono chiaramente dalle liriche, intense, forti, di Maria.
Nelle poesie del volume – che comprende anche un’autobiografia eloquentemente intitolata “Terra amara” – c’è tutto quello che fa parte del mondo “sdoppiato” di ogni emigrato/immigrato. E c’è in ogni singola poesia, sin dal titolo: “Il viaggio”, “Mamma cara”, “Festa in paese”, “L’ultima sera d’estate”, “Cuori che piangono”, “Il tempo”, “Sentieri dei ricordi”… episodi, memorie, e soprattutto sentimenti, come spiega la stessa autrice: “Il sentimento si manifesta in una miriade di modi, tutti preziosi ed unici. Esso rappresenta un inno all’essenza della vita e ci porta a vedere le cose sotto un profilo diverso ed a superare ostacoli che spesso ci appaiono impossibili da risolvere. Nei miei racconti e nelle mie poesie non si possono non cogliere i tratti caratteristici del mio modo di amare la vita e le persone. La passione, le piccole cose, i ricordi, l’amore impossibile e gli addii strazianti sono parte della mia vita”.
Del resto, l’autrice con questo libro “ha deciso di svelare alcuni ricordi della sua vita e dei suoi sentimenti, le sue gioie, le sue preoccupazioni, le sue tristezze…” si legge nella prefazione del volume. “Con il suon animo poetico percorre un sentiero dove luce e buio, bene e male, si esaltano reciprocamente. Forse i nostri ricordi sono come i sogni, si dimenticano appena ci svegliamo, ma alcuni rimangono per sempre nella nostra memoria, in particolare quelli della nostra infanzia”.
Ed ecco, per esempio, “La festa in paese”, dove Maria ricorda “l’odore del caffè, lo scricchiolio delle noccioline accompagnate da bibite consumate a tavolino in piazza”: scene tipicamente italiane o, forse, di un’Italia che neanche c’è più ma che è rimasta viva nei ricordi di Maria, partita per il Canada dalla sua Alife, in provincia di Caserta, nel 1975. Si era sposata cinque giorni prima.
“Siamo qui di fronte non solo ad una mera descrizione, bensì ad una ‘autoanalisi profonda’ dell’autrice – si legge ancora nella prefazione – che non si arrende mai ma affronta il futuro, supera i limiti che affliggono l’essere umano proiettando il suo sguardo ‘oltre la siepe’ leopardiana”. Ma resta, secondo l’inesorabile destino di ogni migrante, ancorata ai ricordi. Già, il ricordo, che “pesa come un masso su chi la propria terra un giorno vide allontanarsi”, scrive Maria in una delle poesie. Ma “non ho mai smesso di sognare e ho ancora tanti sogni da realizzare, niente e nessuno potrà impedirmelo. Sognate perché è bello sognare”, dice l’autrice. E poi, come scrive in un’altra delle sue poesie, “il sogno di un ritorno non svanisce mai…”.
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