Cultura

La lunga onda del Vajont
a 60 anni dal disastro

LONGARONE – Vi siete mai chiesti quanto pesi un metro cubo d’acqua? Risalendo la valle del Piave, dal treno o dall’auto, avvicinandosi a Longarone, è irresistibile alzare gli occhi per scorgere la mole imponente della diga fatale. Vajont è un nome che grida l’infelicemente nota tragedia che saggezza popolare e acume femminile avrebbero potuto, se non evitare, almeno mitigare: basti pensare al monte che da generazioni veniva chiamato Toc – onomatopeico e ominoso – e l’intuito, lo studio e la profezia dell’inascoltata Tina Merlin.

Vajont evoca nella mente di chi lo sente i sovrumani disastri spesso frutto dell’hybris umana, quella cieca sfida della prole adamitica all’incomprensibile, ciclopica potenza di Madre Natura: affiorano così le immagini di titaniche frane montuose che provocano onde di biblica memoria, iceberg colossali che feriscono a morte mitici bastimenti ritenuti inaffondabili.

Sullo scorcio degli anni ’50, l’orgoglio per la diga più alta del mondo era tangibile e la sua struttura a doppio arco veniva studiata e ammirata nei sussidiari di mezza Europa: era il fiore all’occhiello dell’ingegneria peninsulare e dei tecnici italiani negli anni del boom. Ma le immagini che il Vajont evoca oggi sono le più distanti dalla blasonatura della fierezza per l’aver piegato la natura alle esigenze di noi mortali. C’è chi ricorda i tanti migranti rientrati con ansia i giorni immediatamente successivi alla tragedia per vedere come stessero i loro cari o, meglio, chi fosse sopravvissuto; c’è chi rimembra il ritrovamento dal sapore evangelico della Madonna di Longarone salvata da Valter Zamuner nel Piave nei pressi di Fossalta. Chi (le prozie di mia madre) ricorda il fiume sacro alla patria tracimante di detriti che, nel gorgo delle sue acque melmose, trascinava vacche morte rigonfie d’acqua, quasi una piaga d’Egitto.

Marco Paolini, con “VajontS”, torna a parlare della tragedia nel suo sessantesimo anniversario e raggiunge le scuole e le comunità di tutta Italia con un progetto teatrale rinnovato. «Molti ragazzi di oggi non sanno nulla del Vajont – mi racconta Marco Duse, direttore artistico di Farmacia Zooè – e noi siamo partiti proprio da questo: abbiamo fatto scoprire piano piano ai ragazzi la tragedia e loro possono ora raccontarla ad altri ragazzi che non la conoscono».

Per quest’anno Paolini con Martinelli ha pensato di riscrivere il suo storico monologo in forma corale, scegliendo un centinaio di scuole per rappresentare il suo testo aggiornato, legandolo a tematiche ambientali contemporanee. Il liceo Majorana-Corner di Mirano (VE) ha affidato 30 studenti alla compagnia Farmacia Zooè per allestire uno spettacolo a memoria degli eventi del 1963. «Abbiamo lavorato con 30 ragazzi – continua Duse – per dare vita a questo nuova orazione corale: il monologo originale è diventato una ricca partitura a più voci. Paolini ha lasciato libertà assoluta, l’unico vincolo è arrivare con lo spettacolo alle 22:39 – ora in cui si staccò la frana dal Toc – per osservare un minuto di silenzio».

Ma Vajont non significa solo numeri, pendenze, calcoli errati e metri cubi d’acqua: «Il nostro spettacolo integra il testo di Paolini con il lavoro di Giacomo Braulin che, per la sua tesi di laurea, si occupa del Vajont in chiave antropologica, raccogliendo le storie dei discendenti delle vittime e di chi vive ancora oggi nella valle. Insieme agli studenti, abbiamo re-introdotto la componente umana ed emotiva per ripercorrere gli attimi fatali di quella notte.

In scena, un orologio digitale segna le 22:32 e noi espandiamo questo iato di sette minuti a un’ora in cui ripercorriamo i fatti e le vicende legate al Vajont e a chi l’ha vissuto. Dopo il minuto di silenzio, si sentiranno le campane di Longarone e proietteremo l’elenco del 1917 morti». L’adesione alla chiamata di VajontS 23 è andata oltre le attese: 135 teatri in Italia e nel mondo; 223 gruppi fatti di famiglie, coppie, colleghi ed amici; 118 letture di comunità. Un anniversario significativo per non dimenticare e, soprattutto, ripensare il nostro futuro su questo pianeta.

E se domani, supponiamo, fossimo noi a scrivere ad un’amica “Scrivo da un paese che non esiste più”? [VAJONTS23 di Marco Paolini, divisione corale di Marco Martinelli, rielaborazione drammaturgica di Farmacia Zooè con il contributo di Giacomo Braulin. Interpretazione e organizzazione ragazze e ragazzi del Liceo Majorana-Corner di Mirano, con il sostegno del Comune di Mirano. Regia: Farmacia Zooè. Dove: lunedì 9 ottobre 2023, Cinema Teatro di Mirano (VE), ore 21. Lo spettacolo sarà riproposto anche in Novembre, per maggiori informazioni visitare www.farmaciazooe.com]

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