Cultura

Il Barocco che ancora
ci sorprende: intervista
ad Alessandro Metlica

PADOVA – Il suo ultimo libro ci parla di archi trionfali di cartapesta, statue di zucchero e fontane da cui zampilla vino. Non si tratta di una riscrittura del paese dei balocchi di Collodi bensì della macchina festiva e celebrativa del Seicento europeo. Per dieci anni studioso acuto e sensibile della temperie barocca e delle sue cangianti manifestazioni, abbiamo incontrato Alessandro Metlica per parlarci della sua ultima impresa “Lessico della propaganda barocca”.

Perché ci si occupa di poesia oggi?
“Occuparsi di poesia oggi aiuta a non dare per scontato il mondo in cui viviamo. Nel nostro tempo la letteratura occupa un posto sempre più marginale; ma non è sempre stato così e non è detto che lo sarà in futuro. La ricerca accademica ci insegna a prestare attenzione al particolare imprevisto e al dettaglio nascosto: se è vero che la contemporaneità non è più abituata a battere queste strade, ciò non significa che non siano importanti; anzi, a mio avviso è esattamente il contrario”.

Da dove nasce il Suo interesse per il Seicento e le sue arti?
“Non voglio mentire: non amo la letteratura e l’arte del Seicento di per sé. In un museo mi fermo più volentieri davanti a un Tiziano o a un Basaldella che di fronte a un Rubens e sul comodino tengo Proust, non certo l’Adone di Marino. Tuttavia trovo che il Seicento sia un affascinante periodo di soglia, in cui l’antico non esiste più e il moderno non è nato ancora. Delacroix non si capisce senza Rubens e Marino è, per certi versi, il primo avanguardista della letteratura europea”.

In che termini il Seicento è da considerarsi moderno?
“Credo che non ci sia una modernità soltanto: la modernità nasce al crocevia di piste diverse e divergenti, che si scontrano e si sovrappongono. Osservando la magnificenza spesso kitsch delle corti dell’Europa barocca proviamo inevitabilmente un forte senso di alterità; ma è anche vero che quel gusto dell’eccesso è sorprendentemente vicino a quello che chiamiamo postmoderno. Lo sosteneva già un grande semiologo come Omar Calabrese che definì gli anni Ottanta l’età neobarocca”.

Propaganda non è termine storicamente appropriato per il Seicento: perché lo troviamo allora nel titolo?
“A volte gli anacronismi aiutano a comprendere meglio le cose: basta intendersi sul loro impiego. Come definire il rapporto tra cultura e potere in un periodo storico come il Seicento? Sia Marino che Rubens elaborano nuove strategie di marketing per il potere e riscuotono uno straordinario successo. Queste strategie hanno poco a che fare con i regimi totalitari del XX secolo, con la “propaganda” fascista o nazista. Nel Seicento troviamo poemi luccicanti di note mitologiche e quadri un po’ cafoni e magniloquenti. Quel che ne emerge è un periodo segnato da un uso politico della cultura che è già modernissimo”.

Tra i rutilanti fasti del barocco quanto possiamo ritrovare del mondo attuale?
“Un aspetto che emerge con forza nelle pagine, specie in virtù del suo ricco dossier illustrato – una trentina di tavole, tutte a colori e di alta qualità – è proprio l’importanza della cultura visuale barocca. E non solo le arti ‘maggiori’: le illustrazioni del libro affiancano a Rubens e a Velázquez disegni, incisioni, manifesti, busti commemorativi, medaglie e piatti da portata. Vogliono restituire il senso di stupefazione per le esuberanti architetture del barocco effimero, che sorgevano di punto in bianco al centro della città e che, all’indomani della festa, sparivano senza lasciare traccia. La pervasività dell’immagine, il suo ruolo attivo e performativo, nonché la sua presenza in reti più ampie e complesse, autenticamente transmediali, sono elementi che puntano decisamente verso la contemporaneità e che depongono a favore di chi ha visto nel barocco la culla della nostra società delle immagini”.

Per le Sue future ricerche solo e sempre barocco?
“L’ho studiato per dieci anni tra Marino, libelli antipapali, canzonieri asburgici e feste di corte. Ora voglio invece osservare Venezia attraverso gli occhi di D’Annunzio, Proust, Thomas Mann per comprendere e analizzare le metamorfosi del mito della Serenissima”.

Ai suoi allievi universitari il barocco piace?
“Il barocco vero e proprio non so; ma il barocco di cui parlo io, transmediale e, per certi versi, contemporaneo, stuzzica la loro curiosità. Alcuni mi chiedono persino di scrivere la tesi sul Seicento; cerco sempre di dissuaderli ma temo che la propaganda barocca funzioni ancora dannatamente bene…”.

[“Lessico della propaganda barocca”, Marsilio, Saggi, 2022; Alessandro Metlica è professore di Letterature comparate all’Università di Padova]

Nelle foto in alto, Alessandro Metlica e la copertina del suo ultimo libro “Lessico della propaganda barocca”

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