TORONTO – Per il primo ministro Justin Trudeau è tutto a posto e non c’è bisogno di fare ulteriori indagini. Ma, secondo quanto rivela Global News, tre settimane prima delle elezioni federali canadesi del 2019 i funzionari dei servizi segreti canadesi avrebbero tenuto un briefing urgente e riservato agli alti collaboratori dell’ufficio del primo ministro, avvertendoli che uno dei loro candidati faceva parte di una rete cinese di interferenze straniere: si tratterebbe di Han Dong, che il Canadian Security Intelligence Service (CSIS) aveva iniziato a seguire nel giugno di quell’anno e che sarebbe uno degli undici candidati dell’area di Toronto presumibilmente sostenuti da Pechino in quelle elezioni.
Il deputato in questione, poi rieletto nel 2021 e quindi attualmente in carica, sarebbe un affiliato consapevole nelle reti di interferenza elettorale cinese e la sua stessa candidatura, all’epoca, sarebbe emersa in modo “sospetto”. Sempre secondo Global News, infatti, Han Dong sarebbe stato scelto nel 2019 come successore del deputato Geng Tan come candidato liberale del distretto di Don Valley North, perché “il Consolato (cinese) non era soddisfatto delle prestazioni di Tan”. Così, dopo aver inscenato un presunto scandalo su Tan, costringendolo a rinunciare alla candidatura, sarebbe emersa la figura di Han Dong, grazie anche al sostegno di Michael Chan, un ex ministro del gabinetto dell’Ontario, attuale vicesindaco di Markham (enorme serbatoio di voti cinesi) e pedina fondamentale per la raccolta-fondi dei Liberali.
Ma non finisce qui.
Il CSIS avrebbe anche segnalato che, sempre in occasione delle elezioni del 2019, studenti internazionali cinesi con indirizzi falsi sarebbero stati portati in autobus e costretti a votare a favore del candidato cinese in questione. Agli studenti sarebbe stato anche “detto dal Consolato della Repubblica Popolare Cinese” di sostenere quello specifico candidato, “se vogliono mantenere il loro status di visto per studenti”.
Sia Dong che Chang, interpellati da Global News, respingono con forza ogni accusa. Chang afferma di aver sostenuto Dong così come ha fatto con altri candidati liberali e sottolinea che “a quanto pare il CSIS, od alcuni dei suoi dipendenti, stanno infrangendo la legge ‘facendo trapelare’ selettivamente le loro opinioni false ed infondate su di me e su altri canadesi”. Di informazioni inesatte parla anche Dong, aggiungendo che “in qualità di membro del Parlamento, la salvaguardia delle istituzioni democratiche del Canada è una parte fondamentale del mio lavoro e prendo molto sul serio tutte le gravi accuse di interferenza straniera”.
Da parte sua, Justin Trudeau getta acqua sul fuoco, sostenendo che la presunta ingerenza cinese non ha compromesso i risultati complessivi delle elezioni del 2019 o del 2021. “I canadesi possono avere fiducia nell’integrità delle nostre elezioni”.
Di tutt’altra idea Richard Fadden, l’ex capo del Canadian Security Intelligence Service ed ex consigliere per la sicurezza nazionale dello stesso primo ministro. Intervistato ieri da Mercedes Stephenson a “The West Block” su Global News, ha affermato di “non vedere alcun motivo convincente per non fare un’inchiesta pubblica. Penso che in questo caso le accuse siano così gravi da dover essere esaminate”, ha detto Fadden, aggiungendo: “Credo che un’inchiesta pubblica sia davvero la strada da percorrere”.
Nella foto in alto, Richard Fadden durante l’intervista con Mercedes Stephenson su Global News
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