Il lupo italiano è di nuovo a rischio,
ma stavolta per l’ibridazione

ROMA – Il lupo italiano è a rischio. Proprio quando l’animale aveva ripreso a popolare gli appennini della Penisola, è scattato un nuovo allarme che mette a rischio la sua esistenza: l’ibridazione.

A rimarcarlo è un recente studio condotto dall’Università Sapienza di Roma (qui un estratto: Lupo: l’ibridazione con il cane domestico mette a rischio la conservazione della specie) in collaborazione con il Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano, l’Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale (Ispra) e il Centre Nationale de la Recherche Scientifique (Francia), pubblicato sulla rivista The Journal of Wildlife Management (Estimating Admixture at the Population Scale: Taking Imperfect Detectability and Uncertainty in Hybrid Classification Seriously). Un allarme già evidenziato da un altro progetto, il “Mirko Lupo” (http://www.lifemircolupo.it/), svolto sul campo proprio nell’Appennino tosco-emiliano e finalizzato a minimizzare l’impatto del randagismo canino (che poi genera l’ibridazione) sulla conservazione del lupo in Italia (la foto in alto è tratta dal sito del progetto “Mirko Lupo”).

Com’è noto, il cane domestico è il risultato di una forte selezione attuata dall’uomo e di millenni di isolamento riproduttivo dal lupo, nel corso dei quali l’animale ha sviluppato comportamenti più appropriati alle necessità umane e profondamente diversi rispetto al suo progenitore selvatico. Ma dal punto di vista biologico il cane e il lupo sono la stessa specie e in determinate circostanze possono accoppiarsi e generare ibridi fertili. Ed è quanto sta avvenendo, in modo massiccio, da diversi anni, sia per l’espansione del lupo in aree maggiormente antropizzate, sia per il fenomeno del randagismo canino. I due animali, lupo e cane, hanno  oggi maggiori occasioni di incontro che in passato. E l’ibridazione è quasi inevitabile.

Basti pensare che nell’ambito dello studio condotto dall’Università La Sapienza di Roma, sulla base di 152 campioni raccolti, corrispondenti a 39 lupi in 7 branchi differenti, i ricercatori hanno stimato una prevalenza di ibridazione del 70%, con individui ibridi presenti in almeno 6 dei 7 branchi monitorati. Inoltre, attraverso la ricostruzione genealogica è stato accertato che in almeno due di questi branchi gli individui ibridi godono dello status di riproduttori, e sono in grado quindi di tramandare le varianti genetiche di origine canina alle generazioni successive.

I risultati dello studio evidenziano quanto sia fondamentale non ignorare il fenomeno e mettere in campo tutte le migliori competenze e capacità gestionali per preservare l’integrità genetica del lupo. Il rischio di estinzione genomica oggi supera, infatti, quello dell’ estinzione demografica. E se nei primi anni ’70, quando il lupo sembrava quasi scomparso dall’Italia, si tentò di proteggere la specie, oggi è la stessa identità genetica del lupo che è messa a rischio come conseguenza, paradossalmente, delle dinamiche espansive della specie stessa. Oltre che dell’elevato numero di cani vaganti.

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