Galletto: “Priorità assoluta
alla digitalizzazione
dei servizi consolari”

TORONTO – “La priorità assoluta va alla digitalizzazione dei servizi consolari, esigenza ormai imprescindibile per tutta la pubblica amministrazione”. Gianluca Galletto (nella foto sopra, con la sua famiglia), dopo la candidatura del 2013, ritenta l’avventura elettorale candidandosi nel Pd per un seggio alla Camera nella ripartizione Nord e Centro America.

Come sta andando questa campagna elettorale?
“Sta andando molto bene, sto viaggiando tra il Canada e gli Stati Uniti e America Centrale. Ho un team di supporto fatto di persone in gamba e entusiaste che facilita il mio impegno quotidiano con gli elettori. In questa campagna stiamo usando tutti mezzi per comunicare ed ascoltare, dagli incontri di persona, dibattiti, live e online, alle telefonate. I tempi super stretti e la vastità del territorio favoriscono i candidati con più risorse economiche. La legge è da riformare totalmente. La rappresentanza di chi vive a Vancouver e chi a Panama, non funziona. E poi buona parte delle cose che servono alle nostre comunità non hanno bisogno di avere parlamentari e non hanno colore politico. Ci sono altri modi per ottenerle”.

“Vorrei porre all’attenzione sul mio nome di battesimo che è Giacomo, anche se per tutti sono Gianluca. Quindi sulle liste elettorali troverete Galletto Giacomo. Per votare basta mettere la croce sul PD, e scrivere Galletto accanto. Mentre in italia le liste sono bloccate e i primi in lista a partire dal capolista sono favoriti, all’estero l’ordine in cui vengono presentati è arbitrario e abbiamo il vantaggio di poter scegliere il vostro candidato. Per cui, scrivete Galletto!”.

Come risolvere il problema del riacquisto della cittadinanza?
“Per me è una vergogna nazionale. Pur non essendo della stessa gravità, mi ricorda un po’ le leggi razziali di Mussolini. Ripeto, quelle erano molto, molto più gravi ma fanno parte di un novero di cose più o meno gravi di cui vergognarsi, al pari della negazione di cittadinanza a chi nasce o cresce in Italia. Io voglio battermi come un leone fino a farmi male, ma parliamoci chiaro, chi promette il risultato mente o non ha capito nulla. Non è impossibile, ma molto improbabile, perché fondamentalmente è un problema sconosciuto in Italia e certamente non una priorità delle leadership politiche. Perché queste dovrebbero spendere capitale politico per una cosa che non aggiunge vot in Italia? Bisogna superare l’impasse promuovendo la narrazione di questa realtà e della storia della nostra emigrazione. Io sono certo di poter ottenere quanto meno ascolto e attenzione su questo tema. Sono l’unico che esce e scrive su giornali e TV nazionali e ho qualche possibilità di fare passare il messaggio. Non perché sono più bravo degli altri solo perché, a differenza più o meno di tutti gli altri candidati, per ragioni professionali, sono integrato in unsistema di relazioni in Italia con le leadership politiche ed economiche”.

Mi può indicare tre temi chiave della sua piattaforma programmatica?
“La priorità assoluta va alla digitalizzazione dei servizi consolari, esigenza ormai imprescindibile per tutta la pubblica amministrazione. Inoltre, bisogna essere strategici e scegliere le battaglie che si possono vincere. A differenza della questione cittadinanza, la digitalizzazione è una necessità pratica ed economica per il paese, imprese e cittadini, e tutti in Italia desiderano una PA più efficiente. Pertanto, su questo terreno è possibile trovare alleati pronti a spendere capitale politico. La vedo come il “lowest hanging fruit” rispetto ad altri e ci tocca nel quotidiano”.
“Inoltre, smart cities e gov-tech sono il mio campo professionale e ho esperienza, competenze e credibilità che non ha nessuno dei candidati e rare anche nella politica italiana. Non perché io sia speciale, ma perché sono rari coloro chehanno fanno politica. Per esempio, sono advisor del CEO di questa società che potrebbe essere usata da tutte le istituzioni, inclusi i consolati”.
“Un altro settore dove ho expertise diretta grazie al mio lavoro come capo del commercio estero di New York City (che ha un PIL di 900 mld di PIL e un budget di 100) è l’internazionalizzazione delle imprese e attrazione di imprese estere. A tal proposito, una grande opportunità per le nostre aziende italiane sta nella green economy e nella lotta al cambiamento climatico che ritengo existential. In questo il Canada è mediamente più avanti degli USA”.
“Anche in questo caso traggo ispirazione dalla mia esperienza con il CEO della NYC Housing Authority – la più grande struttura di alloggi pubblici dell’Occidente con 450 mila inquilini e il più grande proprietario di immobili residenziali della città. Ho avuto il compito di trovare soluzioni tecnologiche per rendere più efficiente l’architettura del riscaldamento, al fine di ridurre l’uso di energia e quindi delle emissioni (imposta dalla durissima Local Law 97 del ’19) attraverso partnership col settore privato per non pesare sull’alto fabbisogno di capitale (42 ml). New York è passata da posti in seconda o terza fila all’avanguardia anche rispetto all’Europa. La crisi energetica in Italia è gravissima e rischia di far saltare il sistema economico e generare miseria. Il problema è che sento solo parlare di aumento della produzione di rinnovabili e pochissimo della riduzione dei consumi con tecnologie nuove dove e ord Europa stanno investendo molto. Questa è un’altra azienda (olandese) con cui lavoro”.
“Sono anche molto interessato al dibattito sulla legge elettorale e al finanziamento ai partiti. Strategicamente terreno molto impervio, ma è alla base dell’inefficienza del sistema istituzionale e impatta anche noi all’estero. M’ispiro ai nuovi modelli che stanno emergendo negli USA a livello locale (del nazionale meglio non parlare…), come il ranked choice voting, che produce un ballottaggio istantaneo e renderebbe più stabile la politica, e l’uso di fondi pubblici come “match” di piccole donazioni private che permette una più ampia partecipazione popolare e riduce l’influenza del denaro nelle campagne e i vantaggi di chi ha più soldi”.

Servizi consolari, quali potrebbero essere le riforme necessarie?
“I consolati sono purtroppo carichi di lavoro e il personale, molto capace, è del tutto insufficiente. Tutti i candidati dal 2006 parlano di ‘potenziamento dei consolati’ ma finora non si fatto granché, al massimo qualche cerotto messo per tappare qualche buco. In realtà, oltre alla digitalizzazione (di cui ho già parlato), servirebbe una riforma seria del Ministero degli Esteri, sui modelli britannico o olandese. Da un lato si rendono efficienti e trasparenti i processi gestionali. Per esempio con sistemi di ticketing come qualsiasi customer service di aziende private. Chiami o scrivi un ticket e vieni informato regolarmente del punto in cui si trova la pratica. Ora non ricevi nessuna comunicazione del tipo ‘abbiamo ricevuto la sua richiesta e vi risponderemo entro x ore’. Dall’altro, gli Esteri dovrebbero funzionare più i britannico o olandese e investire di più nel sostegno delle nostre imprese e della nostra lingua e cultura, per esempio assumendo personale specializzato in loco (ora difficile perché si stipendi italiani), dandogli la possibilità di realizzare partnership pubblico-private con entità locali, e di meno in politica estera tout court perché non siamo una potenza, neanche media. possiamo certamente essere una superpotenza”.

Copertura sanitaria per i viaggi in Italia e carta d’identità elettronica: riusciremo ad averle per i residenti della nostra circoscrizione?
“Ci proviamo e penso che la prima sia più facilmente ottenibile perché rientra nelle forme di digitalizzazione che fanno risparmiare risorse. La seconda la vedo fattibile, ma più difficile perché va a toccare la spesa pubblica. L’impatto sul bilancio pubblico andrebbe però misurato con il potenziale aumento di raccolta fiscale in quanto faciliterebbe movimenti verso l’Italia per vacanza o lavoro (chi va in talia spende, paga iva etc.)”.

Cosa fare per difendere e promuovere il Made in Italy?
“Sul modello della New York City Economic Development Corporation bisogna esportare in Italia un nuovo sistema di interventi ed enti per lo sviluppo economico che tenga presenti due cose: rigenerazione urbana e innovazione, attraverso un mix di interventi “fisici” e “intangibili” come lo sviluppo del capitale umano e dei settori del futuro. All’interno di questo quadro andrebbe trasformato il sostegno all’internazionalizzazione delle nostre imprese. Esse sono mediamente troppo piccole e necessitano di crescere di , cosa possibile solo rivolgendosi al mercato globale ma prima di tutto occidentale. Il Nord America è il mercato omogeneo più grande al mondo di capitali e beni/servizi – l’talia lo è sempre meno rispetto al resto del mondo esattamentePaesi Bassi, UK, Nordici, Francia e pure Portogallo”.

Promozione della cultura e della lingua italiana: quali sono le sue proposte?
“In passato mi sono prodigato per rinnovare l’accordo bilaterale fra l’istituto che promuove l’insegnamento della lingua italiana nelle scuole di New York (IACE) con il NYC Department of Education. Ma è poca cosa. Continuerò a lavorare con i vari Board of Education dell’America Centrale e Settentrionale, per facilitare la creazione di scuole o classi dual language sia private pubbliche. Proprio attraverso publicprivate partnership fra hub culturali locali e quelli italiani, incluse scuole e università. E poi bisogna promuovere al massimo scambi per gli studenti, anche nell’ambito dello sport, attraverso borse di studio erogate in accordo tra l’Italia e il paese di residenza. Pensiamo lle borse Fulbright, grazie alla quale sono arrivato negli USA nel ’96, ma e per portare più studenti stranieri o italiani di seconda generazione in Italia e viceversa. Serve come il pane insegnare ai ragazzi italiani come relazionarsi col resto del mondo. Venire sarebbe molto efficace. In Italia è ancora altissima la percentuale di ragazzi (non parliamo degli adulti) che non parla o parla male linglese, nel bene e nel male lingua franca di oggi Persino i francesi, i più protettivi della propria lingua, lo parlano in media meglio di noi e hanno capito che parlar bene l’inglese non significa sminuire la propria lingua”.

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