Canada

Dazi, pericolo scampato ma resta l’incertezza

TORONTO – Pericolo scampato, almeno per ora. Il Canada tira un grosso sospiro di sollievo, il giorno in cui dazi doganali del 25 per cento voluti dal presidente americano Donald Trump sarebbero dovuti entrare in vigore, accompagnanti dai controdazi annunciati dal governo canadese: una guerra commerciale, quella tra Canada e Usa, che avrebbe provocato conseguenze nefaste per la nostra economia e che ci avrebbe fatto sprofondare in una probabile recessione.

Ma il pericolo non è sparito, è stato semplicemente rimandato.

L’amministrazione americana e il governo federale avranno trenta giorni di tempo per trovare un terreno comune, smussare gli angoli e arrivare a un pieno accordo per mettere definitivamente in naftalina l’ipotesi di guerra commerciale. Resta quindi un clima di grande incertezza, con interi comparti del nostro tessuto produttivo che sperano nel meglio ma si preparano al peggio. D’altro canto, prevedere le prossime mosse del nuovo inquilino della Casa Bianca è praticamente impossibile.

Sistemate, almeno provvisoriamente, le vertenze con il Canada e con il Messico, il tycoon newyorchese ha spostato la sua attenzione verso l’Europa, usando la minaccia dei dazi come una clava. Per ora la risposta dell’Unione europea sembra percorrere la strada dell’intransigenza, ma è ancora presto per capire quali saranno le conseguenze a medio e lungo termine.

Qui in Canada il governo guidato dal primo ministro dimissionario Justin Trudeau, tamponata l’emergenza, si prepara a giocare una partita molto più lunga e complessa, che è quella dell’avvio di un nuovo negoziato sul trattato di libero scambio.

Stando a quanto era stato stabilito nel 2019, il trattato Umsca doveva essere rinegoziato nel 2026: ma è evidente che nelle ultime settimane ci sia stata un’accelerazione per volontà di Trump ed è quindi probabile che il presidente americano voglia riaprire la partita con un anno di anticipo, utilizzando la leva dei dazi doganali come minaccia potenziale per partire da una posizione di vantaggio nella trattativa.

D’altro canto, il fatto di aver messo sul tavolo questioni abbastanza discutibili nel braccio di ferro con Ottawa dimostra come i suoi obiettivi siano ben diversi da quelli delineati nei giorni scorsi.

Trump sa perfettamente che il traffico di stupefacenti e l’immigrazione clandestina sono problemi che riguardano soprattutto la frontiera con il Messico e non certo con il Canada.

L’accusa poi fatta a Ottawa di impedire alle banche americane di operare in territorio canadese è semplicemente falsa, smentita clamorosamente dai fatti: attualmente sono ben sedici gli istituti bancari americani che operano in Canada, per un valore congiunto di asset pari a 113 miliardi di dollari canadesi.

In ogni caso, dovremo abituarci a questo clima d’incertezza fino alla prossima scadenza, l’1 marzo, data in cui scatteranno i dazi doganali sui prodotti canadesi se non saranno registrati progressi tangibili nel negoziato.

In alto: una foto d’archivio dell’incontro Trudeau-Trump al G7 di Taormina nel 2017 (Adam Scotti Pmo); qui sotto, un nostro grafico (Corriere Canadese)

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