Cultura

Lacrymosa: addio
a Giovanni Gastel

VENEZIA – In questo annus horribilis che pare non avere fine (tra varianti sempre più aggressive, casi di vaccini che paiono farci ammalare anziché curarci), la scure del CoVid-19 si è abbattuta su molti personaggi noti, fashion designer, pensatori, creativi, attori.

Anche la serra italiana ha visto venire meno alcuni tra le piante e gli arbusti più rigogliosi del panorama nazionale. Tra questi ha chiuso gli occhi lo scorso sabato 13 marzo il fotografo Giovanni Gastel.

Figlio di Giuseppe Gastel e Ida Visconti di Modrone, nipote del raffinatissimo Luchino regista, uno tra gli eredi di quegli Erba imprenditori a capo del primo impero farmaceutico in Italia, Gastel si distinse nel lontano ’97 con una mostra personale alla Triennale di Milano curata dal critico Germano Celant, mostra che lo confermò non solo come fotografo di moda ma anche come artista a tutto tondo. Tra le sue creazioni più conosciute ritratti e nature morte.

Se l’elenco degli antenati di Gastel è lungo, lo è ancora di più quello di chi è stato immortalato dall’obiettivo della sua macchina fotografica: Ettore Sottsass, Catherine Deneuve, Barack Obama, Roberto Bolle, Leticia Herrera, Marco Pannella, Monica Bellucci, Johnny Depp, Bianca Balti e tantissimi (famosissimi) altri.

Dati i natali di Gastel è facile intuire l’universo culturale ed iconografico a cui il fotografo milanese si è sempre ispirato. Ma nelle sue evocazioni non c’è solo sapiente eleganza, le suggestioni classicheggianti non sono mai fine a se stesse. Una spontaneità sorvegliata che unisce il genuino estemporaneo a movimenti raffinati regna indiscussa nei suoi scatti.

Per capire un po’ di più chi fosse Giovanni Gastel basta leggere alcune delle pagine della sua biografia “Un eterno istante. La mia vita” edita da Mondadori Electa ed uscita nel 2016. O riascoltare le sue parole da una recente intervista rilasciata a Caterina Pasolini in cui aveva detto: «Privato dei mezzi per vivere nel mondo contemporaneo, [da giovane] mi sono chiuso in una cantina ed ho detto, “Beh, io continuerò a parlare di quel mondo lì [dei miei antenati], il mondo per cui mi avevano preparato. Sono d’accordo con Leibniz e cioè che viviamo sempre nel migliore dei mondi possibili, non ho nulla contro di esso. Questo mondo è giusto che sia così. Io non ho gli strumenti per cambiarlo e quindi ho inventato il mio mondo parallelo. E poi ho avuto anche fortuna».

Sulle cime dorate del Parnaso del XXI secolo, la novella Musa della fotografia piange sgomenta la perdita di un gentiluomo d’altri tempi. Sia a Giovanni Gastel lieve la terra e a noi feconda la sua immensa, variegata produzione di bellezza.

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