Canada

Il Papa e gli indigeni
insieme per la verità

TORONTO – “La riconciliazione è un cammino lungo e l’incontro di oggi con il Papa è solo il primo passo lungo il sentiero che porta alla verità, alla giustizia, alla guarigione”. Queste le prime parole di Cassidy Caron, presidente del Metis National Council, dopo l’incontro con il Pontefice, avvenuto ieri nella Biblioteca Apostolica.

Il primo di una serie di “faccia a faccia” che in questi giorni vedono protagonisti Bergoglio e gli indigeni del Canada, nel tentativo di intraprendere un percorso comune che porti al superamento del dolore per quanto accaduto dal 1880 agli ultimi decenni del ventesimo secolo nelle scuole residenziali canadesi, istituti finanziati dal governo e gestiti in maggior parte da organizzazioni cristiane, nei quali si mirava ad educare e convertire i giovani indigeni ed assimilarli nella società canadese tradizionale. In quelle strutture si consumarono abusi ed i recenti ritrovamenti di fosse comuni con centinaia di resti umani di giovanissimi indigeni canadesi, nei mesi scorsi, hanno riaperto vecchie ferite mai cicatrizzate. Da qui, la decisione delle comunità indigene di incontrare Papa Francesco, per ribadire di persona una richiesta fatta più volte negli ultimi mesi: una richiesta di verità e di giustizia, ma anche di guarigione per quelle ferite e di riconciliazione fra le due parti. Parti che, ieri, si sono appunto incontrate in Vaticano per la prima volta.

Bergoglio ha innanzitutto ricevuto i membri del Métis National Council. Un incontro scandito da parole, storie, ricordi. Come quelli di Angie Crerar, 85 anni, che ha raccontato al Papa degli oltre dieci anni trascorsi insieme alle sorelline in una scuola residenziale nei territori del Nord-Ovest nel 1947, dove “abbiamo perso tutto, tutto, tutto, tranne la lingua”. “Quando ce ne siamo andate, mi ci sono voluti più di 45 anni per riavere quello che ho perduto”. Angie ha poi dichiarato a Vatican News di non voler rimanere schiacciata da ricordi passati, ma di voler guardare al presente: “Ora siamo più forti. Non ci hanno spezzato, siamo ancora qui. Abbiamo aspettato a lungo ma sembra che adesso lavoreranno tutti con noi. Per me è una vittoria, la vittoria del nostro popolo per tutti gli anni persi”. E del Pontefice, dopo l’incontro, ha detto di averlo trovato “la persona più dolce, più gentile mai incontrata. Il suo sorriso, le sue reazioni, il suo linguaggio del corpo, mi hanno fatto sentire quest’uomo amico”.

Usciti dal Palazzo Apostolico al suono di due violini, simbolo della loro cultura, gli indigeni hanno incontrato la stampa internazionale fuori da piazza San Pietro per raccontare i dettagli della mattinata. Cassidy Caron, la giovane presidente dei Métis, si è fatta portavoce del “numero incalcolabile di persone che ci hanno lasciato senza che la loro verità sia mai stata ascoltata e che il loro dolore venisse riconosciuto. Senza mai ricevere l’umanità e la guarigione di base che meritavano. Il riconoscimento, le scuse, sono molto in ritardo, ma non è mai tardi per fare la cosa giusta”, ha detto. Dai suoi Métis è stato avviato un “lavoro difficile, ma essenziale” di ascolto e comprensione delle vittime e delle loro famiglie. Quanto raccolto è stato presentato ieri al Papa: “Lui si è seduto e ha ascoltato, ha annuito quando i nostri sopravvissuti hanno raccontato le loro storie. Ho avvertito del dolore nelle sue reazioni quando si parlava di bambini. E quando lo abbiamo invitato ad unirsi a noi, lui ci ha risposto ripetendo, in Inglese, ‘verità, giustizia, guarigione, riconciliazione’. Lo prendiamo come un impegno personale”.

Cassidy Caron ha inoltre riferito di aver presentato una richiesta di accesso ai documenti conservati in Vaticano riguardanti le scuole residenziali: “Continuiamo e continueremo a sostenere tutto ciò di cui i Métis hanno bisogno per capire la piena verità. Dei documenti parleremo con il Papa nell’udienza di venerdì”. Il percorso, dunqeu, è solo iniziato.

“Ci vorranno impegno e azione da parte di tante persone: i Canadesi, il governo, le chiese, i parrocchiani, la Conferenza episcopale canadese, la Chiesa cattolica nel suo insieme e il Papa”. Tutti hanno un ruolo da svolgere nel nostro cammino di guarigione e riconciliazione. Oggi abbiamo esteso al Papa l’invito ad unirsi a noi nel nostro cammino verso la verità, la riconciliazione, la guarigione e la giustizia. È solo un passo, il cammino è lungo”.

Dopo l’incontro con i Metis, era previsto quello con gli Inuit. “Un’opportunità per ottenere giustizia”, ha detto Natan Obed prima dell’incontro con Bergoglio. Domani, invece, saranno i delegati delle First Nations ad incontrare il Pontefice. Tutti e tre i gruppi di delegati si incontreranno poi nuovamente con il Papa venerdì, in Sala Clementina, insieme alla Conferenza Episcopale Canadese. Tutti hanno espresso l’aspettativa che il Pontefice si impegnerà a scusarsi per il ruolo svolto dalla Chiesa Cattolica nelle scuole residenziali in occasione di un futuro viaggio apostolico – già annunciato, ma ancora non confermato – in Canada.

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