Canada

Accordo sulla Sanità:
segnali positivi, ma resta
l’incognita di Jagmeet Singh

TORONTO – Ormai ci siamo. Il governo federale e le controparti provinciali e dei Territori sono pronti a blindare l’accordo di durata decennale sul trasferimento dei fondi da Ottawa agli enti locali sul fronte sanitario. Limati gli ultimi spigoli, superate le rimanenti distanze, il primo ministro Justin Trudeau e i premier dovrebbero annunciare la tanto agognata fumata bianca, che porterà nelle casse provinciali gli stanziamenti del governo federale a favore del sistema sanitario delle singole province.

Si dovrebbe passare, secondo quanto era stato richiesto a più riprese dai leader delle Province e dei Territori, a un finanziamento complessivo del 35 per cento delle intere spese sanitarie locali, rispetto al contributo attuale del 22 per cento garantito da Ottawa secondo gli accordi dell’ultimo patto decennale tra i due livelli di governo.

L’aumento, che porterà miliardi di dollari nelle casse delle Province, sarà però condizionato dalla richiesta del governo federale di poter avere voce in capitolo sulle varie voci di spesa di questi fondi. La decisione finale di come utilizzare gli stanziamenti nei vari rami della Sanità resterà ovviamente in mano alle singole Province, ma Ottawa avrà la facoltà di tracciare le linee guida e i principi generali di spesa che dovranno essere rispettati a livello locale.

Insomma, Trudeau aprirà i cordoni della borsa, ma i finanziamenti federali per essere spesi dovranno rispettare determinati paletti fissati da livello federale.

Per l’anno fiscale 2022-23 che termina a marzo, Ottawa spenderà in tutto 45,2 miliardi di dollari in questo tipo di trasferimenti, e si prevede che il numero aumenterà nel 2023-24 49,3 miliardi. Quando il nuovo accordo sulla Sanità entrerà in vigore, le cifre sono destinate a lievitare esponenzialmente, anche perché come nel precedente accordo decennale, anche in questo la somma totale dei fondi sarà ancorata all’aumento dell’inflazione, che contribuirà a far crescere ogni anno la cifra effettiva trasferita da Ottawa alle Province e ai Territori.

Tutto fatto quindi? In linea teorica sì, da qui al 7 febbraio non dovrebbero esserci problemi insormontabili, anche se all’orizzonte rimane l’incognita rappresentata da Jagmeet Singh. Nelle ultime settimane il leader dell’Ndp ha manifestato a più riprese il suo malessere per quanto sta avvenendo in Ontario, dove il premier Doug Ford insieme al ministro provinciale della Sanità Silvya Jones hanno annunciato una riforma strutturale sull’erogazione di alcuni servizi sanitari che prevede l’ingresso dei privati nel sistema provinciale. Una svolta, quella voluta dal premier conservatore, che è vista di cattivo occhio dal leader neodemocratico, che si è detto preoccupato per la potenziale deriva che porterebbe all’americanizzazione della sanità pubblica canadese, dove chi ha maggiori possibilità economiche viene curato prima e meglio.

Singh in occasione del riavvio dei lavori parlamentari ha chiesto immediatamente un dibattito d’urgenza sul rischio privatizzazione della Sanità, sottolineando come praticamente tutte le associazioni di categoria hanno avanzato dubbi e perplessità sulla riforma di Ford. L’obiettivo del premier sarebbe quello di far fronte alle interminabili liste d’attesa per gli interventi chirurgici negli ospedali, ma secondo i critici con la nuova legge si assisterebbe alla fuga del personale sanitario dagli ospedali dell’Ontario, visto che le strutture private offrirebbero retribuzioni salariali molto più alte.

Ora, resta da capire se il leader dell’Ndp vorrà andare fino in fondo e mettersi davvero di traverso per sabotare l’accordo di massima raggiunto tra il primo ministro e i premier. Ricordiamo che il governo federale, non avendo una maggioranza assoluta alla House of Commons, sopravvive solamente grazie all’appoggio esterno dell’Ndp.

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