Canada

L’allarme dell’intelligence: “Politici sempre più odiati”

TORONTO – Le minacce contro i politici stanno diventando la “normalità” anche in Canada, a causa di narrazioni estremiste alimentate da disinformazione o fake-news: è quanto emerge da un rapporto preparato da una task force federale istituita nel 2019 per proteggere il processo elettorale dalle interferenze straniere e comprendente rappresentanti del Canadian Security Intelligence Service, dell’RCMP, del Global Affairs Canada e del Communications SecurityEstablishment, l’agenzia canadese di cyberspionaggio.

Secondo il rapporto, il panorama estremista violento canadese è caratterizzato dalla proliferazione di teorie del complotto, da una crescente mancanza di fiducia nell’integrità dello Stato e da una maggiore polarizzazione politica. “La retorica violenta si concentra abitualmente sui funzionari eletti, con particolare ostilità nei confronti delle donne di alto profilo”, dice il rapporto che è stato ottenuto e pubblicato dalla Canadian Press.

La task force ha valutato la possibile minaccia rappresentata dall’estremismo violento guidato dalla politica, dalla religione e dall’ideologia: le proteste possono essere alimentate da elementi quali la xenofobia, le questioni legate al genere oppure il generale sentimento antigovernativo. In quest’ultimo caso in particolare, sono state numerose le minacce al primo ministro ed agli altri parlamentari segnalate all’RCMP e valutate come “pericolose”: circa il 20% delle minacce al primo ministro e il 13% di quelle contro i parlamentari tra settembre 2021 e metà 2023 hanno infatti raggiunto la soglia di sicurezza nazionale dell’RCMP.

Sebbene le narrazioni estremiste e le teorie del complotto di solito non si manifestino come un atto di violenza grave, “hanno il potenziale per influenzare negativamente il tessuto della società canadese”, afferma il rapporto della task force, secondo il quale gli estremisti anti-autorità hanno “quasi certamente sfruttato” i post sui social media riguardanti l’interferenza straniera nelle elezioni canadesi per “rafforzare le narrazioni preesistenti sulla corruzione intrinseca delle istituzioni governative in Canada”.

I partiti politici, i candidati ed i loro staff continuano ad essere presi di mira anche dalle attività di minaccia informatica, che possono assumere la forma di spionaggio on line, disinformazione o video fabbricati noti come deepfake.

Nel complesso, la task force afferma che gli sforzi di ingerenza “sofisticati, pervasivi e persistenti” costituiscono una seria minaccia alla sicurezza nazionale del Canada e all’integrità delle sue istituzioni democratiche. E se per alcuni Stati stranieri le attività di interferenza straniera “fanno parte dei normali modelli di comportamento”, il Canada risulta essere un obiettivo ad alta priorità per le interferenze straniere a causa del suo ruolo nelle principali alleanze e organismi globali, e gode di una “robusta reputazione internazionale” che può essere utilizzata o cooptata per contribuire a legittimare gli interessi degli Stati stranieri. Inoltre, secondo il rapporto, l’economia canadese avanzata e basata sulla conoscenza attrae gli Stati stranieri che cercano di sviluppare le proprie competenze scientifiche e tecnologiche. Infine, il Canada ospita grandi comunità della diaspora, che alcuni Stati stranieri cercano di monitorare, controllare o utilizzare per promuovere i propri obiettivi strategici.

Nella foto in alto: il ministro federale dello Sviluppo Internazionale, Ahmed Hussen, duramente contestato al presidio pro-Palestina svoltosi il 2 marzo scorso a Toronto, in occasione del il ricevimento per Justin Trudeau e Giorgia Meloni, poi saltato (foto Marzio Pelù – Corriere Canadese)

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