Un migrante non dimentica mai le proprie radici. E c’è anche chi, dopo aver lasciato il Paese d’origine per iniziare una nuova vita, cerca di fare il possibile per migliorare anche quella di chi si è lasciato alle spalle. E’ il caso di Semou Diouf (nella foto sopra), 36 anni, senegalese che da vent’anni vive a Massa, in Toscana, ma, come tanti altri giovani come lui, non vuole rinunciare ai legami con il suo Paese natìo.
A maggior ragione se si tratta della sua Mboul-Soucka, nel Senegal centro-occidentale, e dei villaggi che la circondano: Diouf, infatti, da anni lavora ad un progetto ambizioso che risolverebbe una volta per tutte un problema impellente per i suoi ex-concittadini. L’area in questione, pur essendo sufficientemente irrorata (sia da falde acquifere sotterranee sia da bacini e canali superficiali) soffre di un’insostenibile scarsità di acqua potabile: nella zona di Mboul-Soucka, le ultime misurazioni hanno rilevato un’eccessiva presenza di sale e di fluoro disciolti nell’acqua, che la rendono inadatta al consumo. Le già poche fonti accessibili sono del tutto inutili, non solo per un utilizzo diretto da parte della popolazione, ma persino per le attività produttive su cui si fonda l’intera economia locale (principalmente agricoltura e allevamento). Perciò la produzione non è sufficiente al sostentamento degli abitanti, rendendo, così, impossibile anche solo pensare ad una produzione dedicata al commercio.
“Nel 1985 – spiega Semou – , quando le condizioni dell’acqua rientravano ancora nei criteri sanitari accettati dall’OMS, il governo senegalese aveva dotato l’area di Mboul-Soucka di un pozzo di estrazione, ma con il passare del tempo la falda sotterranea ha raggiunto i livelli di fluoro e salinità odierni. A quel punto l’estrazione dell’acqua era ormai inutile e l’impianto da allora è stato abbandonato. Per ora i cittadini di Mboul-Soucka e dei villaggi limitrofi si stanno approvvigionando, ovviamente a pagamento e percorrendo distanze chilometriche (spesso a piedi) alla rete idrica della regione vicina. Si tratta di una soluzione evidentemente temporanea, vista anche la progressiva e generale diminuzione dell’acqua disponibile a causa del cambiamento climatico. Gli abitanti di questa regione, abbandonata dalle istituzioni e dalle stesse aziende che traggono profitto dal loro territorio, chiedono solo di potersi servire di tecnologie specifiche per la situazione, e, dunque, sostenibili sia da un punto di vista economico sia dei materiali”.
Semou ha quindi iniziato a tessere una rete di competenze che possa cooperare per il raggiungimento dell’autonomia idrica per la zona di Mboul-Soucka. E nell’estate del 2017 è tornato nel suo villaggio africano per effettuare una serie di sopralluoghi con alcuni tecnici (nelle foto sotto, alcuni momenti di quei sopralluoghi e, al centro, Semou).
“Tramite questo network di conoscenze – spiega Giulia Bertolucci, giovane italiana che sta aiutando Semou nella campagna di comunicazione del progetto – , Diouf ha intrapreso una collaborazione con alcuni ingegneri specializzati in water management, con cui intende replicare un progetto, già realizzato in Somalia dagli stessi, per il raccoglimento e il filtraggio dell’acqua piovana. L’idea è semplice: durante la stagione delle piogge l’acqua viene raccolta in grandi vasche, che sfruttano la capacità filtrante della sabbia e particolari tessuti impermeabili, e che ricavano la poca energia necessaria per lo spostamento dell’acqua tramite l’installazione di pannelli fotovoltaici”.
“Uno dei vantaggi più evidenti di questa soluzione è la sostenibilità anche a lungo termine della struttura, grazie alla reperibilità dei materiali e la capacità di ridurre le dispersioni tramite delle coperture che impediscano l’evaporazione. Questi stessi fattori rendono l’intero progetto ripetibile, senza troppe modifiche, anche nelle regioni nei dintorni di Mboul-Soucka, eventualità che Semou auspica si realizzi grazie all’esempio del suo villaggio”.
“Naturalmente abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti – prosegue Diouf – e per questo vorrei lanciare un appello agli ingegneri canadesi affinché ci diano aiuti e suggerimenti anche alternativi a quelli che stiamo valutando per risolvere il problema dell’acqua a Mboul-Soucka e in tutta quell’area. Chiunque fosse interessato può scrivere a semou424@gmail.com”.
Insita nel progetto è anche la consapevolezza della necessità di un’educazione al consumo e di una gestione particolarmente oculata dell’acqua in un ambiente come quello senegalese. Perciò Semou, che conosce meglio di chiunque altro la realtà di Mboul-Soucka, ha pensato anche ad un programma specifico finalizzato alla responsabilizzazione e alla consapevolezza nell’uso della nuova risorsa.
Mboul-Soucka, però, non intende accontentarsi della sola autonomia idrica: sono già in elaborazione una lunga serie di progetti locali concepiti allo scopo di diversificare la produzione per non dover dipendere più dal solo settore primario.
Insomma, Mboul-Soucka sta cercando di crescere e quello di poter accedere all’acqua pulita è solo il primo passo di un cammino, forse lungo ma possibile, verso lo sviluppo dell’Africa.
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