Italia

Italiani nel mondo
’dimenticati’ dal governo,
appello del Cgie
al ministro degli Esteri

ROMA – Dovrebbe essere l’organismo di consulenza del Governo e del Parlamento sui grandi temi che interessano le comunità italiane all’estero e svolgere un’attività essenziale per il loro collegamento permanente con l’Italia e le sue istituzioni ma di fatto, da diversi mesi, ha le mani legate. Il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, in regime di prorogatio dal marzo del 2022, non può programmare alcuna attività e non potrà farlo finché non avverrà l’insediamento dei nuovi consiglieri, eletti nell’aprile scorso. E non può neanche riunirsi – se non per l’ordinaria amministrazione – perché l’Avvocatura dello Stato così ha deciso: il Cgie in regime di prorogatio non può essere considerato nel pieno del suo mandato finché non si terrà l’assemblea di insediamento con i nuovi consiglieri. Una situazione paradossale, visto che è proprio lo Stato – nella fattispecie il Governo italiano – a dover permettere la convocazione di quell’assemblea. E le conseguenze sono drammatiche, per gli italiani all’estero: progetti “congelati”, servizi a singhiozzo, totale assenza di programmazione per il futuro.

Il problema è stato evidenziato dallo stesso Cgie nel corso di una conferenza stampa svoltasi ieri via-Zoom, alla quale hanno preso parte diverse testate giornalistiche italiane al’estero (fra le quali la nostra).

“L’avvicendamento nel Governo – ha spiegato il segretario generale del Cgie, Michele Schiavone – ha causato un ulteriore rallentamento della procedura che deve portare all’assetto definitivo del nostro organismo. Organismo che, dallo scorso mese di marzo, si trova in una situazione anomala, bloccato in un regime di prorogatio a causa di una discutibile e, a nostro parere, zelante decisione dell’Avvocatura dello Stato che ci impedisce di riunirci al di là degli incontri fissati per legge. Da diversi mesi, le funzioni del Cgie sono limitate all’ordinaria amministrazione, cioè atti urgenti, indifferibili e comunque da motivare. Chiediamo dunque al vicepremier e ministro degli Affari Esteri, Antonio Tajani, di accelerare i tempi per far ripartire le nostre attività, convocando urgentemente l’assemblea di insediamento del nuovo Cgie per porre rimedio alle anomalie che tengono ‘ingessato’ il nostro organismo”.

Tale situazione di stallo ha, come dicevamo, conseguenze negative concrete, evidenziate da alcuni consiglieri del Cgie intervenuti alla conferenza. “I progetti di insegnamento dell’Italiano all’estero rischiano di scomparire – ha detto Silvana Mangione – : basti pensare che negli Usa su 14 enti gestori di corsi di Italiano soltanto 3 hanno presentato i loro progetti. I motivi sono tanti: i tempi lunghissimi nell’approvazione dei progetti stessi, il non rispetto della tempistica delle erogazioni dei fondi, i continui rinvii, come se gli enti gestori potessero farsi carico di tutti i costi assunti con le scuole dell’obbligo nelle quali hanno inserito i propri corsi”.

“Siamo in una situazione di vuoto istituzionale – ha detto Eleonora Medda – e questo si ripercuote negativamente sui già tanti problemi che gli italiani all’estero devono affrontare quotidianamente. Per fare un esempio, molti Consolati in Europa hanno faticato a riprendersi dopo la chiusura per il Covid-19 e persino il semplice rilascio di un passaporto richiede diversi mesi di attesa”. Situazione simile in Sudamerica, “dove tanti italiani – ha spiegato Mariano Gazzola – non posso richiedere la cittadinanza perché in molti distretti tale servizio è totalmente inesistente: e lo stesso accade per i passaporti. Speriamo che venga assegnata, ad uno dei sottosegretari del nuovo Governo, la delega agli Italiani nel Mondo. Abbiamo bisogno di qualcuno che si occupi di noi”, ha aggiunto.

In campagna elettorale, una parte del Centrodestra (Forza Italia, per la precisione, nella persona del suo leader Silvio Berlusconi: rileggete l’articolo qui) aveva in realtà promesso qualcosa di più di un sottosegretariato: il ritorno del Ministero per gli Italiani nel Mondo. Ma la promessa è rimasta sulla carta. E per i connazionali “abroad”, intanto, i problemi restano.

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