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Gli Usa lasciano Kabul,
i talebani fanno festa

KABUL – Ha fatto il giro del mondo l’immagine del generale americano che, per ultimo, sale a bordo dell’aereo che con il suo decollo segna la fine di vent’anni di missione in Afghanistan.

Lui è Christopher Donahue: 17 missioni militari statunitensi in Afghanistan, Iraq, Siria, Nord Africa ed Europa Orientale.

E l’immagine, twittata dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, è stata scattata di notte: il comandante della 82esima Divisione Aviotrasportata (che fa parte del 18esimo Corpo Aviotrasportato con sede a Fort Bragg, nella Carolina del Nord) cammina da solo, con la sua arma nella mano destra, pronto a salire sul C-17 con l’hangar dell’aeroporto di Kabul sullo sfondo, poco prima della scadenza fissata dagli Stati Uniti per le evacuazioni (e dell’ultimatum dei talebani).

“È stata una missione incredibilmente dura, piena di molteplici complessità, con minacce attive per tutto il tempo. Le nostre truppe hanno mostrato grinta, disciplina ed empatia”, ha twittato il 18esimo Corpo Aviotrasportato commentando la foto del generale, inviato in Afghanistan ad agosto per proteggere lo scalo di Kabul.

“Il ritiro significa sia la fine dell’evacuazione del materiale militare (distrutti o resi inutilizzabili i materiali bellici che non era possibile portare via, ndr) che la fine di quasi vent’anni di missione iniziata in Afghanistan poco dopo l’11 settembre”, ha annunciato il generale Kenneth McKenzie, capo del Comando Centrale Americano. “È una missione che ha assicurato alla giustizia Osama Bin Laden insieme a molti co-cospiratori di Al Qaeda”, ha proseguito. Poi, ha assicurato che in Afghanistan non è rimasto nessun soldato americano, tutti sono usciti dal Paese con quella che lo stesso presidente Joe Biden ha definito “la più grande evacuazione aerea nella storia Usa, con oltre 120mila fra cittadini Usa, cittadini dei Paesi alleati e afghani amici degli Stati Uniti evacuati”.

Quanto ai civili, sarebbero meno di 250 gli americani rimasti: “Una vergogn”, secondo i Repubblicani, “averli abbandonati lì. Il presidente ha fatto un disastro, il mondo è meno sicuro con lui”, ha denunciato la presidente del Gran Old Party, Ronna McDaniel.

L’ultimo C-17, quello a bordo con il generale Donahue, è dunque decollato dall’aeroporto di Kabul alle 15.29, ora della costa est americana, le 21.29 in Italia, la mezzanotte afghana fra il 30 agosto e il 31 agosto, ieri. “Stasera alla mezzanotte in punto gli ultimi soldati americani hanno lasciato l’aeroporto di Kabul e il nostro Paese ha conquistato la completa indipendenza. Sia lode a Dio”, ha dichiarato il portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid, ieri mattina dalla pista dell’aeroporto internazionale Hamid Karzai di Kabul, che adesso è totalmente controllato dai talebani. “Congratulazioni all’Afghanistan – ha detto – questa vittoria appartiene a tutti noi. L’Emirato Islamico è una Nazione libera e sovrana”. La “sconfitta” degli Usa rappresenta “una grande lezione per tutti gli altri invasori e per le nostre generazioni future” oltre che “per il mondo intero”, ha aggiunto, continuando: “Vogliamo avere buoni rapporti con gli Stati Uniti e con il mondo intero. Apriremo a relazioni diplomatiche con tutti”. Ma il segretario di Stato degli Usa, Antony Blinken, pur dichiarando che gli Stati Uniti “lavoreranno” con i talebani se manterranno i loro impegni, ha annunciato l’avvenuto ritiro anche “della nostra rappresentanza diplomatica da Kabul. L’abbiamo trasferita a Doha, in Qatar”.

Al di là di ogni improbabile relazione diplomatica, Mujahid nel suo discorso all’aeroporto ha comunque ribadito che “ora l’autorità è in mano agli afghani, formeremo un governo islamico e garantiremo la sicurezza. Il nostro desiderio è che il nostro Paese non venga mai più invaso. Vogliamo pace, prosperità e un vero sistema islamico”. E, rivolgendosi ad un gruppo di uomini in tenuta da combattimento, li ha ringraziati “per gli sforzi compiuti per ottenere l’indipendenza. Siamo orgogliosi dei vostri sacrifici. È grazie all’onestà e alla pazienza che oggi siamo indipendenti”, ha affermato Mujahid, chiedendo ai combattenti talebani di “essere gentili” con il popolo afghano. “Ha sofferto molto, e merita di essere trattato con amore. Quindi, siate gentili con loro. Noi non ci siamo imposti a loro. Siamo i loro servitori”.

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