VENEZIA – A più di una settimana dalla sua dipartita (era il 18 marzo scorso), ricordiamo le prodezze artistiche e la vastità umana di una donna a tutto tondo (designer, mecenate e filantropa) che ha lasciato un vuoto difficilmente colmabile.
Se non avete mai sentito la voce di Elsa Peretti (nella foto), vi siete persi una fetta considerevole non solo della sua personalità ma anche del suo spirito in quanto artista e creatrice.
Ci ha lasciati Elsa spegnendosi nella sua casa a San Martì Vell in Spagna, paese in cui aveva trovato il suo habitat emotivo molti anni or sono.
Senza ombra di dubbio, la sua è stata una vita intensa e che, come diceva lei – compiuti 50 anni –, era già piuttosto lunga. In tanti e meglio di me hanno ricordato i grandi successi di Elsa Peretti, i suoi strabilianti disegni, le linee e le forme che ha saputo sposare in maniera irripetibile dando vita ad alcuni gioielli tra i più iconici del XX secolo.
Ciò che colpiva di lei era la naturalezza dei suoi movimenti, la sua risata ponderata, il suo esaminare attento e certosino. Osservatela in una delle sue (rare) interviste, il modo in cui parla, muove le mani, articola le dita come già a percorrere la materia da modellare: è pura inventiva.
Certo, i più la ricorderanno per la sua carriera ed il suo incommensurabile contributo al successo di Tiffany, il luogo in cui “Nothing very bad can happen to you”, come diceva Audrey Hepburn nei panni di Holly Golightly nella famosa pellicola tratta dal romanzo di Truman Capote.
Ma ridurre Elsa al suo lavoro per la grande T del colosso americano sarebbe un errore. Ascoltando le sue parole, si capisce che anche Tiffany era solo un mezzo, non un fine. E questa è la chiave della felicità dei veri artisti.
Il successo e la fama non erano un obiettivo preposto e rincorso affannosamente, erano uno dei tanti mezzi.
Ricordatela modella (anche per Dalì), in Spagna, a New York, nel costume da coniglietta per la macchina fotografica di Helmut Newton, per i suoi braccialetti “Bone Cuffs”.
A me piace ricordarla così, citando alcune sue straordinarie riflessioni da un breve film diretto da Jeffrey Madoff, mentre oscilla avanti e indietro sulla sedia: «You go fast, I don’t. This is the secret of me. Think, before you do. It is so simple. Just think.» E poi continua: «To be a designer is simple. To be a good human being, that’s going to be hard. I’d like to try though.».
Possiamo dire con certezza che, in 80 anni di vita, tu, novella Cellini, hai raggiunto prodigiosamente l’obiettivo.