Canada

Rapporto Johnston, continua la polemica:
Poilievre all’attacco, Singh critica Trudeau

TORONTO – Accuse, ripicche, veleni. A ventiquattr’ore dalla presentazione del rapporto sulle interferenze straniere, il dibattito politico continua ad essere monopolizzato dalla raccomandazione di David Johnston sulla necessità di attivare delle udienze pubbliche sulla delicata vicenda, una via questa che esclude quanto richiesto dalle opposizioni, cioè la creazione di una vera e propria commissione d’inchiesta per fare venire a galla tutta la verità.

Il primo ministro Justin Trudeau – che il 15 marzo scorso incaricò lo stesso Johnston di dirimere la questione (inchiesta pubblica sì-inchiesta pubblica no) e di presentare un rapporto sulle interferenze estere – ha accolto positivamente la raccomandazione dell’ex governatore generale, ricordando come già all’epoca della nomina assicurò che avrebbe rispettato per filo e per segno quanto suggerito da Johnston. Una posizione, quella del leader liberale, che è stata aspramente critica da Pierre Poilievre (nella foto sopra), che anche ieri è tornato ad attaccare l’ex governatore generale per i suoi legami con la famiglia del primo ministro e per il suo ruolo nella Trudeau Foundation.

Secondo il leader del Partito Conservatore l’attivazione di udienze pubbliche rappresenta lo strumento migliore per insabbiare le verità più scomode di questa vicenda, con la trasparenza che non potrebbe essere affatto garantita per la mancanza di imparzialità e rispetto dei ruoli. Poilievre già martedì aveva messo in dubbio i principi di autonomia e indipendenza ai quali Johnston si sarebbe dovuto ispirare per arrivare alle sue conclusioni: troppo forti – era stato il suo ragionamento – i legami politici e familiari tra l’ex governatore generale e il primo ministro, con un chiaro conflitto di interessi nella stesura di un rapporto così delicato.

“Trudeau – ha scritto su Twitter – ha ricevuto l’aiuto da un amico di famiglia per nascondere le interferenze di Pechino in due elezioni. Trudeau e il suo amico di famiglia si stanno rifiutando di proteggere i canadesi. Abbiamo bisogno di una completa inchiesta pubblica sulle interferenze cinesi e di un registro sulle interferenze estere per riportare a casa il pieno controllo della nostra democrazia”. Parole dure, che rispecchiano quanto già dichiarato immediatamente dopo l’annuncio di Johnston.

Resta comunque abbastanza difficile mettere in dubbio l’integrità e l’indipendenza di Johnston. Non dobbiamo dimenticarci, infatti, che lo stesso Johnston venne nominato governatore generale del Canada nell’ottobre del 2010 dall’allora primo ministro Stephen Harper, che guidava un governo conservatore.

Ma non solo. Durante la crisi politica del 2008, quando i tre leader dei partiti d’opposizione firmarono un accordo per rovesciare il governo di minoranza Harper, la governatrice generale Michelle Jean si consultò con un ristretto gruppo di costituzionalisti – tra i quali lo stesso Johnston e Peter H. Russell – e in sostanza salvò il primo ministro conservatore attraverso lo strumento della ’’prorogation’’, la chiusura anticipata dei lavori parlamentari che fece dissolvere il patto tra liberali, neodemocratici e Bloc Quebecois.

Insomma, è davvero difficile immaginare un Johnston parte integrante della galassia liberale che ruota attorno all’attuale primo ministro.

Nel frattempo anche Jagmeet Singh non ha accolto positivamente la raccomandazione dell’ex governatore generale. “Tutto ciò che esclude un’inchiesta pubblica indipendente sulle interferenze straniere non è sufficiente. Sono – ha detto il leader dell’Ndp – profondamente deluso del rapporto di Johnston e porterà queste mie preoccupazioni direttamente al primo ministro”.

Parole che non suonano esattamente come una minaccia: ricordiamo che il governo Trudeau sopravvive proprio grazie al sostegno di Singh in parlamento.

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