Canada

House of Commons, chiusura
estiva decisa all’unanimità:
le “interferenze” possono aspettare

TORONTO – È estate, ormai: il richiamo dei barbecue (o, per i più fortunati, delle spiagge caraibiche) è troppo forte e persino le “interferenze cinesi” possono aspettare. Così, mercoledì, come se niente fosse, tutti i partiti (compresi quelli di opposizione, “duri e puri” fino all’altro ieri) hanno concordato di chiudere i battenti della Camera dei Comuni a partire da mercoledì prossimo: se ne riparla a settembre.

È vero che in queste ore gli incontri per l’apertura di un’inchiesta pubblica (richiesta a più riprese da Conservatori, NDP e Bloc Quebecois e finora sempre negata dai Liberali) continuano e non è escluso che un accordo possa ancora essere annunciato entro la fine di questa settimana. Ma sembra improbabile, viste le distanze fra il governo guidato da Justin Trudeau ed il resto della Camera dei Comuni.

Com’è noto, negli ultimi mesi è esploso il caso delle “interferenze cdinesi”: il governo di Pechino avrebbe, in estrema sintesi, tentato di influenzare i risultati delle elezioni federali canadesi del 2019 e del 2021, prendendo di mira alcuni parlamentari di origine cinese ritenuti ostili agli interessi della Cina. Poi, a maggio, il Canada ha espulso un diplomatico cinese ritenuto responsabile di alcuni di questi attacchi. I Liberali, tuttavia, hanno resistito alle ripetute richieste di un’inchiesta pubblica e hanno invece nominato l’ex governatore generale David Johnston come relatore speciale per dare “consigli” sulla questione e decidere se un’inchiesta fosse giustificata. E lui, nel suo rapporto finale, ha sconsigliato un’inchiesta, suscitando le ire dei partiti di opposizione che l’hanno accusato di essere amico personale di Trudeau e troppo vicino ai liberali, chiedendo (e ottenendo) le sue dimissioni.

A quel punto, è iniziato una sorta di “balletto” delle opposizioni: Yves-François Leblanc (Bloc Quebecois) si è detto pronto a fare dei nomi per sostituire il relatoreo speciale dimissionario e dare il via all’inchiesta pubblica; Jagmeet Singh (NDP) si è detto “poco fiducioso dei tempi” di un accordo su un’inchiesta pubblica, ma ha affermato di avere visto una maggiore apertura da parte del governo federale nel convocarne una, promettendo al tempo stesso di “non allentare la pressione” sul governo stesso che, però, lo stesso NDP sta appoggiando, garantendone la sopravvivenza; Pierre Poilievre (Conservatori) si è rifiutato di fare i nomi per la scelta di un eventuale sostituto del relatore speciale, affermando che il suo partito suggerirà qualcuno solo dopo che il governo avrà annunciato l’apertura di un’inchiesta pubblica.

Da parte sua, il Primo Ministro si è detto “diffidente”, visto “come si sono comportati i partiti di opposizione negli ultimi mesi” nei confronti di Johnston. “Vogliamo assicurarci che tutti siano d’accordo e non vogliamo ricadere in attacchi personali che minerebbero la fiducia dei canadesi nelle loro istituzioni”, ha detto Trudeau. Fiducia, che, in realtà è già ai minimi termini. Se infatti da una parte tutti concordano sul fatto che i risultati delle elezioni federali del 2019 e del 2021 non sono stati compromessi, dall’altro i parlamentari dell’opposizione affermano che un’inchiesta pubblica sui tentativi di ingerenza straniera è l’unico modo per i canadesi di riacquisire un po’ di fiducia nel sistema elettorale canadese.

Una preoccupazione che però sembra condivisa soltanto a parole da tutti i partiti presenti nella Camera dei Comuni, per i quali il richiamo del profumo di salsicce e wurstel arrostiti sul barbecue del giardino dietro casa sembra più forte della necessità di garantire che le elezioni federali si svolgano senza le ingerenze di Paesi stranieri ostili al Canada.

Nella foto in alto, la Camera dei Comuni (da https://commons.wikimedia.org)

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