TORONTO – Gli italiani hanno guidato l’invenzione per secoli se non millenni, raggruppando ovviamente le gesta della loro discendenza romana. Dagli strumenti musicali (pianoforte, violino e violoncello) ai dispositivi tecnologici come radio, telefono e microchip, i loro contributi non sono solo numerosi ma significativi, e hanno fatto progredire la traiettoria del successo umano in molteplici campi. In nessun altro ambito, tuttavia, gli italiani hanno dotato il mondo di più ingegno e immaginazione che nel regno dell’arte, in diverse discipline.
Ergo, non dovrebbe sorprendere che l’Oscar per il Miglior film straniero non sia stato solo inaugurato con l’unico scopo di premiare un regista italiano [Vittorio De Sica per Sciuscià 1947], ma sia stato successivamente assegnato all’Italia il maggior numero di volte nella storia, 14 in totale. Dal 1947, i film italiani sono stati nominati nella categoria Film Stranieri 33 volte, vincendone 14. Tra le vittorie memorabili ci sono Ladri di biciclette, La strada, 8½, Amarcord, Nuovo cinema Paradiso e La vita è bella.
Questi non sono semplicemente grandi film; sono opere che hanno catturato il pubblico cinematografico come gli intenditori di arte rinascimentale ammirano un Caravaggio. Si potrebbe persino pensare che Caravaggio sarebbe stato un regista se la tecnologia della macchina da presa fosse esistita nel XVI secolo. Tale è il fascino di un film in movimento e, dopo aver vinto il Leone d’argento al Festival del cinema di Venezia di quest’anno, “Vermiglio” di Maura Delpero potrebbe diventare il 34° candidato all’Oscar per il Miglior film straniero in Italia.
Il film è ambientato nel 1944 a Vermiglio, un remoto villaggio di montagna. La trama: l’arrivo di un disertore nella famiglia di un insegnante locale cambia la vita di tutti quando si innamora della figlia maggiore dell’insegnante. Il film prende il titolo dal nome di un villaggio di montagna nelle Alpi italiane, che è stato la casa della famiglia di Delpero per generazioni. Quando è stata intervistata dopo la nomination, Delpero ha detto: “In momenti come questo, penso a una lezione di vita che ho imparato dall’arrampicata. Non dovresti mai guardare in alto o in basso, solo al chiodo che stai piantando. Altrimenti, rischi di essere sopraffatto dall’abisso. Per me, aiuta ricordare che devo sempre concentrarmi sul compito da svolgere, che, in questo caso, è entrare nella rosa dei candidati. Ora, farò semplicemente il mio lavoro e lo farò nel miglior modo possibile”.
Il “lavoro” a cui si riferisce Delpero è la campagna per portare “Vermiglio” al traguardo, per diventare uno dei 5 candidati all’Oscar il prossimo febbraio. Per farlo, il suo film deve superare 63 candidature da tutto il mondo. E per superarli, “Vermiglio” avrà bisogno di ampi finanziamenti per affittare sale cinematografiche, organizzare proiezioni e assumere rappresentanti cinematografici per portare gli elettori a vedere il film.
Il comitato di selezione, supervisionato da Film Italia, aveva scelto “Vermiglio” per la sua “capacità di rappresentare la vita rurale italiana del passato, i cui sentimenti e sentimenti rimangono universali e attuali”. Per Delpero, rappresentare il suo paese sarà umile e una potenziale nomination all’Oscar (o vittoria) sarà la ciliegina sulla torta. Ma come tutti gli artisti appassionati, saprà che la vera ricompensa è l’opportunità di fare arte. O ancora, come disse una volta Amedeo Modigliani, “L’arte esiste solo per comunicare un messaggio spirituale”.
Nelle immagini sopra: Roberto Benigni e Sophia Loren (foto gentile concessione di Getty Images); la locandina di Vermiglio per gentile concessione di Lucky Red
Massimo Volpe, autore di questa recensione, è un filmmaker e scrittore freelance di Toronto: scrive recensioni di film/contenuti italiani su Netflix