Canada

Tempi stretti per la leadership, Carney e Freeland in pole position

TORONTO – Tra i mille dubbi e le zone d’ombra scaturiti dalle dimissioni di Justin Trudeau, almeno una certezza ce l’abbiamo: i tempi per la leadership liberale saranno strettissimi. I punti fermi, di fronte al passo indietro del primo ministro dimissionario, sono rappresentati dalle scadenze che devono essere rispettate, a dispetto della necessità di permettere al Partito Liberale di organizzarsi per il cambio al timone della forza politica al governo dal 2015. La prima data da tenere a mente è quella della fine della prorogation sancita dalla governatrice generale Mary Simon su richiesta di Trudeau, che in sostanza sospende e azzera i lavori parlamentari fino al 24 marzo. Da quel momento i liberali, per forza di cose, dovranno avere un nuovo leader, che automaticamente assumerà anche la carica di primo ministro. Per poco tempo, questo ormai è assodato, visto che le opposizioni stanno già lavorando sulla mozione di sfiducia che sarà presentata all’erede di Trudeau e che certificherà la crisi di governo, con il conseguente ritorno alle urne per il voto anticipato in primavera.

I tempi sono strettissimi, dicevamo, con i funzionari del Partito Liberale impegnanti già da ieri ad approvare una road map chiara e coincisa per la corsa alla leadership. E per forza di cose, saremo costretti ad assistere a delle forzature per rispettare la scadenza del 24 marzo. Lo statuto del partito prevede, infatti, che la corsa alla leadership liberale non deve durare meno di 90 giorni. Allo stesso tempo, però, il documento garantisce una certa flessibilità a questo punto, sulla base di “circostanze straordinarie”. Si rientra quindi in questa casistica, con il possibile taglio della corsa a 40-45 giorni, per dare il tempo al futuro vincitore di assumere in pieno le funzioni di leader del partito e primo ministro, con la possibilità di un rimpasto di governo prima della data fatidica del 24 marzo. Come accade in Italia, nel Pd ad esempio, lo statuto punta sull’allargamento dell’adesione più che sulla reale appartenenza partitica e questo si rispecchia sugli aventi diritto al voto nella scelta del nuovo leader. Potrà votare chiunque abbia almeno 14 anni, sia iscritto al partito gratuitamente e abbia la residenza in Canada, senza l’obbligo della cittadinanza.

Sul fronte delle candidature, in realtà, nulla di nuovo all’orizzonte. Mark Carney sta già lavorando per dare peso e sostanza alla sua candidatura che sarà annunciata a breve. A sfidare l’ex governatore di Bank of Canada – che tra l’altro è già diventato il bersaglio degli attacchi sui social del leader conservatore Pierre Poilievre – ci sarà l’ex ministro delle Finanze Chrystia Freeland, che però fino a questo momento non ha scoperto le proprie carte circa le sue intenzioni: ma è evidente che le dimissioni dal governo che hanno innescato la crisi vennero annunciate tenendo conto anche delle sue ambizioni future. E se un ex deputato si è già detto pronto a lanciare il guanto di sfida – l’imprenditore Frank Baylis, imprenditore in parlamento dal 2015 al 2019 – altri stanno valutando se entrare nella corsa alla successione di Trudeau: il ministro dell’Innovazione e del Lavoro, François-Philippe Champagne, il ministro del Tesoro Anita Anand, l’ex premier della British Columbia Christy Clark, e più defilata Melanie Joly, attuale ministro degli Esteri. In ogni caso, bisogna fare presto: i diretti interessati non possono permettersi di perdere tempo, devono decidere a breve. Le scadenze sono molto vicine: in palio c’è la guida del partito e, anche se per pochissimo tempo, quella del Paese, prima delle prossime elezioni.

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