Cultura

Non (ci) sono solo canzonette: ecco la nuova musica italiana

BOLOGNA – Portano la forma-canzone in altri luoghi, attraverso la sperimentazione elettronica e l’utilizzo di strumenti inconsueti, come la chitarra baritona (a metà fra il basso e la chitarra, per semplificare). E lo fanno nel rispetto della gloriosa storia della canzone italiana, popolare e non, ma al tempo stesso nel disprezzo per i tempi che viviamo e per un mondo “che non conosce più gli animali, le piante, che non ha mai visto una gallina, che ha sostituito il sonno con il riposo, che ha sostituito la ragione con la logica ferrea della finanza, che ha sostituito il confronto con la guerra, la musica con la musicologia, la mappa con il territorio, l’amore con il possesso, la divinazione con gli algoritmi, la fiaba e la favola con l’auto rappresentazione ossessiva di sé sui social…”, spiegano Lorenzo Marra, Alessio Vanni e Lorenzo Valdesalici.

Loro sono gli Stato Brado, compositori e sound designer per immagini che, lavorando insieme per qualche tempo a Bologna come produttori musicali per il cinema, hanno trovato una propria alternativa alla musica italiana e l’hanno messa dentro un album intitolato “Canzoni contro la ragione”. Abbiamo scambiato qualche riflessione.

Partiamo dalla definizione che voi stessi avete dato alla vostra musica: “elettroacustica postagricola”. Cosa significa?
“Il post agricolo non è apologia dei tempi passati che per fortuna se ne stanno andando, ma una visione inquieta del presente, di un’umanità confusa e decadente. Descriviamo un mondo che si sta urbanizzando sempre di più, che sta perdendo il contatto con la natura a causa nostra e a nostre spese. La definizione nasce anche dalla ricerca sonora, dalla visione di una nuova musica popolare che unisca lo spirito e i suoni popolari con la sperimentazione e l’elettronica. È musica figlia di questi tempi e noi come diceva Marc Bloch, siamo più figli dei nostri tempi che dei nostri padri”.

La vostra formazione, sia in studio che live, è inconsueta ed esclude praticamente tutti gli strumenti tradizionali, compresa la chitarra, visto che ne utilizzate una baritona. Perché questa scelta radicale?
“La nostra formazione strumentale è conseguenza logica di ciò che pensiamo e che proviamo. Ci sentiamo di appartenere al mondo della sperimentazione, della musica elettronica e della ricerca musicale. Solo attraverso la destrutturazione e la ricerca di nuove forme ed estetiche è possibile arrivare, secondo noi, a risultati soddisfacenti dal punto di vista artistico. Il coraggio nelle scelte è una componente fondamentale nella nostra visione per quanto riguarda la composizione musicale. La nostra idea musicale inizia dove la musica progetta la sua fine”.

Il vostro album si chiama “Canzoni contro la ragione”, nonostante i vostri pezzi destrutturino dalle fondamenta la forma-canzone (specialmente quella italiana). La scelta di usare proprio quella parola, “canzoni”, è ironica, provocatoria oppure evocativa di una possibile nuova era della “canzone italiana”?

“Questi brani per noi sono in tutto e per tutto canzoni, non a caso la scelta del titolo. Dal nostro grande rispetto e ammirazione per la tradizione della canzone italiana nasce questa voglia di metterla in discussione, di portarla in altri territori e di scoprirne nuove forme. Il nostro obbiettivo e quello di portare la canzone nei mondi della la musica per film, del sound design, della musica elettronica, della musica classica, della musica contemporanea. Distruggere per costruire”.

Quali spazi ha in Italia una musica – e, soprattutto, una ricerca musicale – come la vostra? E qual è il vostro obiettivo, se ne avete uno al di là della pura espressione artistica?
“L’Italia è ormai un paese in decadenza culturalmente, socialmente e politicamente e artisticamente prendiamo atto della mancanza di coraggio e di ricerca da parte di varie scene musicali. Il panorama è deprimente. Dal nostro punto di vista le occasioni e i presupposti per creare nuove scene e dare vita a nuove visioni ci sono, ma non vengono valorizzate al contrario di altri luoghi del mondo. L’italia è un paese spaventato e tradizionalista a differenza di altre scene europee che abbiamo avuto la fortuna e il privilegio di poter conoscere, dove l’interscambio tra generi, la contaminazione e la sperimentazione sono materia quotidiana. Parlare di obiettivi in arte è sempre complicato. Se dovessimo averne uno sarebbe di fare sempre le cose che ci piacciono, essere fedeli a noi stessi, e magari riuscire a spostare qualche equilibrio”.

Quali sono i vostri punti di riferimento, o di ispirazione, musicali?
“I riferimenti sono tanti ed eterogenei. Ognuno di noi ha avuto il suo personale e ostinato percorso artistico. Dalla musica classica alle tradizioni popolari, alla musica elettronica. Tra i dischi che sono importanti per noi potremmo citare “Junun” di Johnny Greenwood e la Rajastan Express orchestra, “The Inheritors” di James Holden, “Promises” di Floating Points, “Tabula rasa elettrificata” dei CSI, “Banana album” di Velvet Undeground e Nico. Per i testi i nostri riferimenti principali vengono dalla tradizione della canzone italiana, da Lucio Dalla a De Andrè fino a Dino Fumaretto e la attuale scena cantautorale bolognese. Questi sono riferimenti importanti per il nostro sviluppo artistico e personale, ma durante la scrittura di questo disco è stato anche importante rinchiudersi in se stessi e ricercare un proprio personale e ostinato linguaggio”.

L’album può essere acquistato in forma digitale sulla piattaforma Bandcamp.com (Canzoni contro la ragione | Stato Brado) oppure ascoltato su Spotify (cliccando qui), mentre la band può essere seguita su Instagram (qui).

Qui sopra, la copertina dell’album; nella foto in alto, di Federico Giusti, gli Stato Brado dal vivo sul palco (da sinistra: Lorenzo Valdesalici, Lorenzo Marra, Alessio Vanni); qui sotto, il video di “Inutile”, Live at Cardo

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