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L’Italia torna a Kabul.
Ecco il governo talebano,
fra i ministri un ricercato

KABUL – Italia e Afghanistan, così lontani e così vicini. Dopo l’apertura “talebana” dei giorni scorsi, con l’invito del portavoce Zabiullah Mujahid a riaprire l’ambasciata tricolore a Kabul, ieri il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, ha dichiarato di voler garantire una presenza del Governo nell’Emirato Islamico.

“Con i Paesi dell’area e con i nostri partner stiamo riflettendo sulla creazione di una presenza congiunta in Afghanistan con funzioni prevalentemente consolari e che serva da punto di contatto immediato”, ha detto Di Maio nell’informativa sull’Afghanistan in Parlamento. Il ministro ha aggiunto che si tratterebbe di “un nucleo formato da funzionari di più Paesi sotto l’ombrello dell’Unione Europea o, eventualmente, delle Nazioni Unite”.

Di Maio ha parlato, sia al Senato che alla Camera, della situazione nel Paese, precisando che i funzionari che potrebbero rappresentare una presenza congiunta avrebbero “funzioni prevalentemente consolari” e servirebbero “da punto di contatto immediato. Si tratterebbe di una soluzione innovativa, per la quale sarà necessario un efficace coordinamento preventivo”, ha aggiunto.
Il titolare della Farnesina ha affrontato anche la questione dei diritti umani, “con particolare attenzione alle donne. Intendiamo promuovere nei fori internazionali, a cominciare dalle Nazioni Unite, iniziative appropriate a tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali degli afghani. Lavoreremo per cercare di istituire un meccanismo di monitoraggio, anche attraverso la promozione di una dichiarazione congiunta nel corso della prossima sessione del Consiglio dei Diritti Umani dell’Onu”.

“Stiamo anche lavorando all’organizzazione di un evento sulla condizione e sui diritti delle donne in Afghanistan in occasione della prossima settimana ministeriale dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Vogliamo inoltre mobilitare le risorse assegnate al quarto Piano d’Azione Nazionale per l’attuazione dell’Agenda Donne Pace e Sicurezza delle Nazioni Unite, includendovi iniziative per l’Afghanistan”, ha aggiunto.
Inoltre, su sua proposta, il Consiglio dei Ministri “ha destinato – ha detto Di Maio – 120 milioni di euro a iniziative di resilienza in favore della popolazione afgana, all’assistenza ai rifugiati nei Paesi limitrofi, nonché alla partecipazione italiana all’attuazione di programmi internazionali di risposta alla crisi in Afghanistan. Si tratta di fondi originariamente destinati alla formazione delle forze di sicurezza afghane nell’ambito della delibera missioni”. Il ministro ha poi aggiunto che “le risorse per il 2021 verranno portate da 21 a 31 milioni di euro complessivi, destinandole a iniziative per l’assistenza alimentare, per servizi di salute materno/infantile, per la lotta alla malnutrizione infantile, e in generale per la tutela delle fasce più vulnerabili della popolazione, come donne, minori e sfollati interni”.

Infine, “abbiamo proposto la piattaforma del G20, più ampia e inclusiva, per affrontare le principali sfide del dossier afghano. Stiamo verificando condizioni, modalità e tempistiche – ha concluso – per un vertice straordinario dedicato all’Afghanistan”.

E, a proposito di G20, proprio ieri il premier italiano Mario Draghi ha avuto un colloquio in video-call, in vista del vertice che si terrà a Roma, con il presidente cinese Xi Jinping. La conversazione telefonica “si è concentrata principalmente sugli ultimi sviluppi della crisi afghana e sui possibili fori di cooperazione internazionale per farvi fronte, ivi compreso il G20. Il presidente Draghi e il presidente Xi hanno discusso anche della collaborazione tra i due Paesi sia in vista del Summit di Roma, sia sul piano bilaterale”, ha poi reso noto Palazzo Chigi.

Intanto, ieri in Afghanistan è nato il nuovo governo islamico che, come anticipato su Twitter da Ahmadullah Muttaqi, capo talebano del “settore multimediale” della commissione culturale dell’Emirato Islamico, “sarà l’unico governo in 40 anni di storia afghana a governare sull’intero Paese”.

L’incarico di primo ministro è stato affidato al mullah Muhammad Hassan Akhund, come ha spiegato ieri in conferenza stampa il portavoce Zabihullah Mujahid. Il mullah Abdul Ghani Baradar sarà vice primo ministro, mentre Sirajuddin Haqqani è stato scelto come ministro degli Interni: è il figlio di Jalaluddin Haqqani, tra i protagonisti della resistenza antisovietica, morto tre anni fa, e capo della rete Haqqani ritenuta legata ad al-Qaeda, responsabile in passato di sanguinosi attentati in Afghanistan. La rete Haqqani è stata designata dagli Stati Uniti come organizzazione terroristica straniera e lo stesso è nuovo ministro è tra i ricercati dall’Fbi, come riferisce la BBC. Il mullah Mohammad Yaqoob sarà invece il ministro della Difesa: Yaqoob è figlio del mullah Omar, storico capo religioso del movimento talebano, conosciuto nel mondo almeno quanto il “mitico” Osama Bin Laden, di fatto suo braccio armato ai tempi di al-Qaeda.

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