L'intervista

Vita di un campione: in conversazione
con Dwayne De Rosario

TORONTO – Mr. Dwayne De Rosario non ha bisogno di presentazioni: un giocatore che ha portato il calcio ad un livello superiore, un uomo generoso, padre di quattro figli, mentore per i tanti giovani che ammirano ciò che ha fatto nella sua carriera. La felice opportunità di intervistarlo giunge ad un passo dall’uscita nelle librerie della sua prima biografia, oggi 11 maggio 2021.

Sul punto di lanciare il suo primo libro, come si sente?
«Sono davvero emozionato: vederlo finalmente stampato è incredibile. Non vedo l’ora di sapere cosa ne pensano i lettori. Un libro significa davvero aprirsi, e condividere la mia storia con il mondo non è sempre facile. Sono sempre stato una persona riservata ma… ecco, ci siamo!»

Parlando di Dwayne bambino, nel libro ricorda la breakdance e di quando faceva il dj per le feste in casa Sua…
«È interessante, quell’episodio. Quel produttore altri non è che Director X, e il famoso video di “Like Glue” di Sean Paul è stato effettivamente girato a Toronto. Cattura davvero quell’esperienza: noi ragazzi che battiamo colpi sulla caldaia, a ritmo sul muro, i nostri genitori che scendono per separarci dalle ragazze. Semplicemente mi guardo indietro e sorrido».

Lei scrive «Il calcio è stato il mio primo amore». Quali sono i Suoi altri grandi amori?
«Amo il basket, la natura e la vita all’aria aperta, amo la storia. Sono ben consapevole che c’è così tanto da scoprire nel mondo, un qualcosa che amo fare con la mia famiglia».

Arrivando alla Sua prima esperienza in Italia con il Milan, cosa c’è di così speciale nel calcio italiano?
«Fu un’esperienza davvero nuova per me. Culturalmente, tutti amavano il calcio, il cibo e il calcio sono l’unione perfetta. Tiene unite le persone: può separarle se si fa parte di squadre avversarie ma resta sempre una grande passione per gli italiani. A quel tempo, il modo in cui la squadra era allenata era incredibile. Tutti i giocatori avevano una reale comprensione l’uno dell’altro, dei loro movimenti, con la palla, nei passaggi. Credo si debba apprezzarlo come un’opera d’arte. Non è un copione già scritto ma tutti ne capiscono i gesti».

Aveva 17 anni e rifiutò un contratto quinquennale con il Milan: come mai? Se ne è pentito più tardi?
«Al 100%: chissà cosa sarebbe successo. Cosa avrei fatto diversamente? La mia vita sarebbe stata radicalmente un’altra. Un contratto di cinque anni mi sembrava un’eternità, soprattutto a 17 anni. È stata una decisione difficile ma non ero pronto in quel momento».

In tre parole, i risultati che Le ha portato questa carriera?
«Stabilità, felicità e dignità, come padre e come persona. Amo essere colui che si prende cura della propria famiglia. E aggiungerei responsabilità. Mi spinge a dare il meglio di me sia alla mia famiglia che sul campo da gioco».

Può dirmi qualcosa di più sulla Fondazione DeRo?
«Il mio sogno era offrire opportunità a ragazzi come me, provenienti da quartieri meno abbienti. Un giorno ho avuto quella che chiamo epifania della filantropia. Sono andato in Mali con le Nazioni Unite e mi sono sentito così bene, è stato così intenso e gratificante. Poi ho pensato che avrei dovuto lanciare una mia fondazione. Con mio fratello ho organizzato degli eventi in Canada e negli Stati Uniti. Successivamente abbiamo collaborato con la Toronto Community Foundation. Sono stati in grado di lavorare con noi e di aiutarci a creare programmi sportivi sostenibili e a raccogliere fondi per mantenere attive queste iniziative».

Qual è la prima cosa che fa la mattina?
«Rendo grazie per la vita, per la mia famiglia, per il mio respiro. Metto a bollire l’acqua calda, accendo la musica e mi godo il fresco sul portico».

Vino rosso o bianco?
«È risaputo che amo il vino rosso, mi piacciono i Chianti e i vini toscani. Anche i vini della California, visto che ci ho vissuto per un po’».

Nel Suo libro fa spesso riferimento al senso di stile: c’è uno stilista italiano che Le piace in particolare?
«Ermenegildo Zegna: facile da indossare, di classe e senza tempo».

Un posto in Italia in cui non è stato e che vorrebbe visitare presto?
«Non sono mai stato a Napoli: non vedo l’ora di andarci per rendere omaggio alla città di Maradona».

La stiamo già aspettando per darLe il benvenuto, Mr. DeRo.

Nelle foto: Dwayne De Rosario con Tinashe, uno dei suoi figli; De Rosario con Drake; la copertina del libro scritto da De Rosario con Brendan Dunlop “DeRo. My life” (Cortesia di ECW Press C 2021)

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