Italia

Lei è Giorgia: da figlia
del popolo a premier in pectore

ROMA – La sua storia politica inizia trent’anni fa in una sezione romana del Fronte della Gioventù dove arriva e, semplicemente, bussa alla porta. È il 1992 e lei, Giorgia Meloni, ha 15 anni e frequenta il linguistico “Amerigo Vespucci”. Non proviene da nessuna “casata” della destra romana ma, come tanti di coloro che in quegli anni abbracciano la militanza politica, arriva da una situazione familiare particolare: sua mamma, Anna, è separata, ha anche un’altra figlia (Arianna) e fa i lavori più svariati per tirare avanti. Vivono tutte e tre in un bilocale di 45 metri quadrati, un appartamento spartano, privo di un divano e con un unico tavolo dove fare i compiti, mangiare, appoggiare i gomiti per guardare la tv. Giorgia e Arianna dormono su un mobile-letto, “una da capo e una da piedi”, situato nel corridoio.

Giorgia, che studia e come la madre fa una svariata serie di lavori (baby-sitter, cameriera, guardarobiera) per aiutare la famiglia, decide di dedicarsi alla politica perché, forse, è alla ricerca di riferimenti, di una sua dimensione. Vuole appartenere a qualcosa. E lo trova, perché da quel suo primo giorno al Fronte della Gioventù inizia un percorso politico in costante ascesa nonostante le mille difficoltà derivanti dal far parte del “ghetto”, la parte sbagliata, quella “dei fascisti”.

Del movimento giovanile dell’Msi diventa presidente quando il vecchio “Fronte” si trasforma in Azione Giovani. Entra in Parlamento a 29 anni con Alleanza Nazionale e viene subito designata vicepresidente della Camera dal suo primo mentore, Gianfranco Fini. È la più giovane a ricoprire quel ruolo, ma da baby-vicepresidente della Camera molti colleghi ricordano come seppe da subito condurre con piglio energico i lavori d’aula. È già preparatissima perché è una “secchiona”, come ama autodefinirsi: qualcuno la ricorda, in quel periodo, in un angolo del Transatlantico prendere diligentemente nota delle istruzioni di Giulio Tremonti su come si deve comportare una provetta vicepresidente della Camera.

Due anni dopo è già ministra, al dicastero delle Politiche Giovanili. Poi, le vicende interne del Centrodestra e la rottura traumatica tra Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi la portano ad allontanarsi da quello che era stato il suo mentore, a non seguirlo nell’esperienza di Futuro e Libertà per “dare una nuova casa alla Destra” con la fondazione di Fratelli d’Italia assieme a Ignazio La Russa e Guido Crosetto. Una forza nata anche come conseguenza dello stop alle primarie aperte nel Pdl, imposto dal Cavaliere. E anche lì, si parte con la sfida di essere la prima donna leader di partito (e attualmente l’unica), per giunta di destra, un territorio considerato generalmente più chiuso alla presenza femminile in politica.

Gli inizi, come è noto, non sono dei più incoraggianti: FdI non arriva al 2 per cento alle Politiche del 2013, migliora alle Europee l’anno successivo ma non supera lo sbarramento e non elegge deputati a Strasburgo. Cresce ma non troppo alle Politiche del 2018, quando prende il 4,3 per cento, contro il 14 per cento di Forza Italia e il 17,4 per cento della Lega di Matteo Salvini. Poi, la decisione di non entrare nel primo governo Conte assieme all’alleato Salvini, un’ipotesi che ad un certo punto parve concretizzarsi, per poi sfumare definitivamente.

Alle Europee del maggio successivo, nelle quali il partito di via Bellerio prende il 34,3 per cento, FdI ottiene il 6,4 per cento, un incremento non paragonabile al raddoppio della Lega e non sufficiente per il sorpasso su Forza Italia (allora all’8,8 per cento). Ma è con l’esperienza di governo di Salvini e l’inizio della fase calante di FI che le cose cominciano a cambiare: la non compromissione con l’esecutivo gialloverde paga, così come paga l’utilizzo sempre più penetrante della comunicazione sui media e sui social.

Il tutto, non disgiunto da una riconosciuta (anche dagli avversari) abilità oratoria. Il 2019, in quest’ottica, è l’anno decisivo: arrivano i primi governatori in Abruzzo e nelle Marche, i primi risultati a doppia cifra in alcuni territori, il sorpasso su Forza Italia. E come spesso accade, c’è un momento che simbolicamente suggella l’ascesa della Meloni: il discorso alla manifestazione unitaria del centrodestra a Roma della fine di ottobre, in piazza San Giovanni, l’ormai celebre “Io sono Giorgia, sono una madre (ha una figlia di 7 anni), sono cristiana”, ben presto diventato virale, che ha contribuito, contrariamente alle intenzioni di chi aveva diffuso in rete “meme” e remix, ad aumentare la popolarità e la simpatia della leader di FdI.

All’estero iniziano ad accorgersi di lei: il New York Times la inserisce nei 20 personaggi mondiali emergenti che “potrebbero disegnare il futuro” e il Financial Times le predice un futuro da premier. Molti ridono, ma in Italia lei decide di resistere anche alle sirene del governo di unità nazionale guidato da Mario Draghi, scommette sull’implosione della maggioranza e vince.

Il resto è cronaca odierna: il trionfo col partito al 26 per cento e l’incarico da premier quasi certo. Prima donna Presidente del Consiglio. A 45 anni. E non è di sinistra. Ma è una figlia del popolo.

(con files da Agi e La Repubblica)

Nell’immagine in alto, una giovane Giorgia Meloni quando militava nel Fronte della Gioventù (foto dai social network)

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