Mondo

Il Canada lascia Kabul.
Tre ore dopo, la strage:
60 morti, uccisi 12 soldati Usa

TORONTO – Tempismo perfetto. Alle ore 8 di ieri, il capo delle Forze Armate canadesi, generale Wayne Eyre, annuncia che “gli sforzi di evacuazione del Canada in Afghanistan sono terminati”: il personale canadese ha lasciato Kabul “otto ore fa”. Meno di tre ore dopo, all’aeroporto di Kabul un attentatore suicida (due secondo fonti americane e russe) si fa esplodere: almeno 60 morti (anche bambini tra le vittime) e più di 140 feriti. Restano uccisi anche alcuni militari americani (dodici, secondo l’ultimo bilancio diffuso mentre scriviamo), come confermato su Twitter dal portavoce del Pentagono, John Kirby. Poche ore dopo, nel pomeriggio, altre due esplosioni in diverse zone della città.

Il Canada ha fatto appena in tempo, verrebbe da dire, nonostante il “tira e molla” dei giorni scorsi, in cui da una parte il primo ministro Justin Trudeau affermava che il Paese sarebbe rimasto in Afghanistan anche dopo la data fissata dai talebani con il loro ultimatum (“tutti fuori entro il 31 agosto”) e dall’altra i “suoi” ministri lo smentivano affermando che prima della fine del mese sarebbero terminate le operazioni canadesi di evacuazione, “come hanno deciso gli Stati Uniti”, aveva sottolineato il ministro della Difesas Harjit Sajjan nella conferenza stampa di due giorni fa, la stessa in cui la ministra delle Donne, Maryam Monsef, ha chiamato i talebani “nostri fratelli”.

L’annuncio del generale canadese è arrivato, dicevamo, di prima mattina. Wayne Eyre ha sottolineato che in totale circa 3.700 persone sono state evacuate dal Canada dall’inizio delle operazioni alla notte fra mercoledì e ieri. Il generale ha poi aggiunto di aver ricevuto “preghiere” da parte di afgani disperati per sfuggire alla violenza dei talebani. “Lacerano le nostre anime”, ha detto. “Hanno assistito a cose orribili e la loro disperazione spezza i nostri cuori. La sensazione di impotenza e di colpa per il dover lasciare indietro le persone può essere opprimente”. Avrebbe voluto che il Canada rimanesse più a lungo, ma “non c’è nessun Paese al mondo, oltre agli Stati Uniti, che abbia la capacità di proiettare la forza dall’altra parte del mondo. Il Canada non ha la capacità di farlo unilateralmente, né nessun altro Paese oltre agli Usa”. E gli americani, com’è noto, rispetteranno l’ultimatum dei talebani.

Ma l’evacuazione canadese, a quanto pare, non era affatto terminata. Un funzionario di Global Affairs Canada, come riferisce Globalnews.ca, ha rivelato che alcuni canadesi sono stati lasciati indietro. Ma non ha fornito un numero preciso di quanti siano rimasti in Afghanistan, limitandosi ad aggiungere che “ora spetta alle persone cercare di proteggere se stesse e le proprie famiglie”.
Ieri, però, il premier Justin Trudeau ha rinnovato la promessa del Canada di aiutare gli afghani. “Il nostro impegno con l’Afghanistan non è finito”, ha detto. “Questo momento particolare è finito ed è straziante da vedere. Ma c’è molto altro da fare e il Canada continuerà ad esserci”.

E mentre il primo ministro parlava, a Kabul si consumava la tragedia, con l’attentatore suicida (o gli attentatori), i morti (il numero di 60 è purtroppo in aggiornamento) e i feriti. Il primo attacco sarebbe stato sferrato da due kamikaze: uno si è fatto esplodere in un gate dell’aeroporto di Kabul e un secondo, forse, nei pressi di un hotel (poi, nel pomeriggio, altre due esplosioni). Un attentato che era stato ampiamente previsto: già da due giorni girava l’allarme di un possibile attacco dall’aeroporto di Kabul. E così è stato.

L’azione è stata rivendicata dall’Isis-K, lo Stato Islamico nato intorno al 2015 nella provincia afghana del Khorasan e, di fatto, ancora più estremista degli stessi talebani. Se possibile.

Nella foto sopra, persone ferite in fuga dall’aeroporto di Kabul dopo l’attentato: le immagini sono state pubblicate da Omaid H. Sharifi nel suo profilo Twitter (@OmaidSharifi)

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