KABUL – Sono tornati, ma dicono di essere cambiati. Dopo vent’anni, i talebani hanno ripreso il potere a Kabul e con loro è tornato il terrore che avevano lasciato dietro di sé: violenze, esecuzioni sommarie, repressione di ogni libertà, donne costrette a portare il burqa e scuole femminili chiuse, sport e musica banditi. Ma “siamo diversi”, dicono. E tentano di dimostrarlo.
Ieri, dopo la proclamazione dell’Emirato Islamico dell’Afghanistan (stessa denominazione del precedente regime dal 1996 al 2001), hanno annunciato l’amnistia per tutti i funzionari statali, la volontà di negoziare con altri esponenti politici per formare un nuovo governo “inclusivo”, l’apertura dell’esecutivo alle donne “ma nel rispetto delle regole della Sharia” (la legge islamica), ha detto un portavoce dei talebani, Enamullah Samangani. Sempre le donne, dovranno indossare l’hijab, ma non il burqa, e potranno accedere all’istruzione, compresa l’università, come ha promesso un altro dei portavoce dei talebani, Suhail Shaheen.
Le donne afghane sembrano aver già accettato la sfida. Assenti sui principali canali afghani da domenica, giorno della resa di Kabul ai talebani, sono tornate in onda. “Oggi (ieri, ndr) abbiamo ripreso le nostre trasmissioni con le presentatrici” ha scritto ieri in un tweet Miraqa Popal, caposervizio dell’emittente televisiva afghana Tolonews, pubblicando la foto di una conduttrice con il velo. Poi un altro tweet: “La nostra presentatrice sta intervistando in diretta nei nostri studi un rappresentante per i media dei talebani”.
“Ci impegniamo per i diritti delle donne all’interno della Sharia. Lavoreranno fianco a fianco con noi. Non ci saranno discriminazioni” ha ribadito ieri pomeriggio da un portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid, in conferenza stampa. “Nessuno sarà danneggiato, non vogliamo avere problemi con la comunità internazionale”, ha aggiunto, spiegando tuttavia che “abbiamo il diritto di agire secondo i nostri principi religiosi. Altri Paesi hanno approcci e regolamenti diversi e gli afghani hanno il diritto di avere le proprie regole in accordo con i nostri valori”.
Intanto, però, anche ieri è proseguito l’assalto all’aeroporto di Kabul dove negli ultimi due giorni si sono ammassate migliaia di persone decise a salire su un qualsiasi aereo pur di lasciare il Paese. Anche a costo della vita, come hanno testimoniato i drammatici video diffusi sui social lunedì, come quello dei due uomini precipitati nel vuoto dopo essersi aggrappati ad un aereo in decollo dall’aeroporto di Kabul. Ieri, il Washington Post ha dato notizia di una nuova vittima della fuga disperata di molti civili afghani: il cadavere di un uomo è stato trovato nel vano carrelli di un aereo da trasporto americano C-17. Un altro C-17 è decollato con 640 rifugiati stipati a bordo, portandoli in salvo in Qatar: impressionante l’immagine pubblicata sul sito e sul profilo Twitter dell’agenzia Defense One, con uomini, donne, anziani e bambini ammassati nell’aereo nel quale sono saliti entrando dal portellone posteriore del velivolo.
“Invece di far intervenire i militari per far uscire le persone che dovevano trovarsi a bordo del C-17, l’equipaggio ha deciso di partire”, riferisce sempre Defense One, sottolineando che si è trattato del numero maggiore di persone mai trasportate da questo tipo di aereo. E l’esodo continua.
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