TORONTO – Se l’estate è stata particolarmente calda, per il premier Doug Ford, l’autunno si preannuncia bollente, nonostante il calo delle temperature: i membri del parlamento provinciale torneranno infatti a Queen’s Park questa settimana, per l’inizio della legislatura dell’Ontario, fra mille incertezze.
La pubblicazione di due rapporti-bomba sulle discutibili procedure adottate dal governo di Ford per edificare in alcune aree della Greenbelt ha portato alle dimissioni di due ministri “legati” ad alcuni costruttori: prima, il ministro per l’Edilizia Abitativa, Steve Clark (dimissioni precedute da quelle del capo del suo staff); poi, il ministro del Public and Business Service Delivery, Kaleed Rasheed. Poco dopo, sono arrivate anche le dimissioni del ministro del Lavoro, Monte McNaughton, non legate al caso-Greenbelt, almeno apparentemente.
Dopo un simile terremoto, il premier Ford ha annullato la sua decisione di aprire le terre della Greenbelt ai costruttori, promettendo di non apportare alcuna modifica in futuro ed ammettendo di aver commesso un “errore” nell’aprire le terre protette allo sviluppo abitativo.
La vicenda della Greenbelt ha avuto inevitabili ripercussioni sul gradimento di Ford da parte dell’elettorato: un sondaggio di Angus Reid ha infatti rilevato che gli indici di approvazione della Ford sono scesi al minimo storico, con meno di tre abitanti dell’Ontario su dieci, ovvero circa il 28%, che approvano ancora l’operato del premier.
Nel tentativo di recuperare un po’ di consenso, Ford ha dunque promesso una nuova legislazione sull’edilizia abitativa come parte del suo obiettivo di costruire 1,5 milioni di case in dieci anni (obiettivo che sperava di raggiungere edificando parte della Greenbelt) e stringendo un “patto” con il nuovo sindaco di Toronto, Olivia Chow, “con l’obiettivo di raggiungere la stabilità e la sostenibilità a lungo termine delle finanze di Toronto”, evitando però nuove tasse. Un’impresa quasi impossibile, visto che il consiglio comunale di Toronto ha suggerito, proprio in questi giorni, nuove fonti di entrate per far fronte al “gap” di 1 miliardo di dollari nel suo budget, fra le quali gli aumenti dell’imposta municipale sul trasferimento fondiario sulle case di lusso, la rimozione del limite di cinque dollari l’ora per i parcheggi su strada e una tassa sui parcheggi commerciali.
C’è poi il nodo scuola: gli insegnanti dell’Ontario sono ancora senza contratto e non sono stati stipulati accordi con nessuno dei quattro sindacati che rappresentano gli insegnanti di lingua inglese e di lingua francese nella provincia. La federazione degli insegnanti delle scuole secondarie dell’Ontario (OSSTF) ha provvisoriamente concordato un percorso per evitare uno sciopero accettando un arbitrato vincolante sugli interessi, ma questo deve ancora essere votato dai membri; l’unità di contrattazione che rappresenta gli insegnanti delle scuole superiori di Toronto ha dichiarato pubblicamente di opporsi all’accordo; gli altri tre sindacati degli insegnanti hanno respinto l’offerta della Provincia di un arbitrato vincolante sugli interessi e condurranno votazioni di sciopero nei prossimi due mesi.
Il ritorno a Queen’s Park, dunque, non si preannuncia facile per il premier Doug Ford e la strada è tutt’altro che in discesa…
In alto, Doug Ford in una foto pubblicata dallo stesso premier nella sua pagina Twitter – X (@fordnation)
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