TORONTO – Allacciamoci le cinture di sicurezza e prepariamoci: in Ontario dovremo assistere a una lunghissima campagna elettorale. Che, detto per inciso, è già iniziata da qualche settimana, dal 21 settembre per la precisione, il giorno dopo le elezioni federali. Spot martellanti in tv, in radio, su Internet e sui social media, annunci su improbabili investimenti, promesse, patti con gli elettori, progetti per il futuro, slogan, il tutto condito da accuse, polemiche e veleni: il 2 giugno 2022 è una data ancora lontana, ma già in queste settimane abbiamo avuto un assaggio di quello che, volenti e nolenti, ci aspetta.
Il Progressive Conservative del premier Doug Ford ha già messo un moto la sua macchina da guerra per bissare il successo del voto del 2018.
Ogni giorno dai tre ai cinque ministri vengono inviati nei quattro angoli della provincia per l’annuncio di progetti e di investimenti su base locale: nella maggior parte dei casi si tratta di una semplice photo opp, un evento organizzato per avere spazio sui media, dove in realtà non viene annunciato nulla di nuovo. Un esempio di questo meccanismo lo abbiamo avuto lunedì, quando Ford – accompagnato dalla ministra della Sanità Christine Elliott – ha raggiunto Windsor per annunciare “il rinnovato impegno del governo provinciale alla costruzione di un nuovo ospedale”. Quando verrà posata la prima pietra? Ancora non si sa. Quando sarà terminata la costruzione? Non ci sono date ufficiali. Quando diverrà operativo l’ospedale? Chissà.
Ma la conferenza del premier di lunedì ha messo in luce un altro elemento estremamente significativo: alle elezioni parte avvantaggiato chi è in grado, durante la campagna elettorale, di dettare i tempi e i temi del dibattito politico.
Un esempio, classico trito e ritrito, è costituito da un modello messo in atto dallo stesso Ford: prima usare la classica sparata che parla alla pancia degli elettori, suscitare la reazione delle opposizioni e poi chiarire la propria posizione. Il risultato: i media parlano di te per tre-quattro giorni, di concreto non cambia nulla ma il dibattito elettorale resta nelle tue mani.
La presunta gaffe sugli immigrati – a nostro avviso calcolata e soppesata e non frutto del caso – rappresenta un esempio di questa strategia. Prima Ford dichiara che in Ontario – e qui parafrasiamo – non c’è spazio per gli immigrati che vogliono venire qui per incassare i sussidi di disoccupazione, quindi lascia che si scatenino le reazioni delle opposizioni, quindi precisa come in realtà l’Ontario abbia bisogno di nuovi immigrati perché il mercato del lavoro, in determinati comparti occupazionali, non riesce ad avere sufficiente manodopera.
Questa strategia, tanto semplicistica quanto tremendamente efficace, è già stata utilizzata da Ford nel 2018, talmente tanto bene che a oltre tre anni di distanza nell’immaginario collettivo ci ricordiamo ancora i suoi attacchi all’allora premier Kathleen Wynne, che ci sono entrati in testa e che hanno caratterizzato il giudizio storico complessivo sull’ex leader liberale: la Wynne è “la premier che ha fatto aumentare le bollette della luce”, e non quella che ha introdotto il salario minimo, i farmaci gratuiti per i minorenni o gli asili nido a tempo pieno, tutti provvedimenti che portano la sua firma.
Per ora sia la leader dell’Ndp Andrea Horwath che quello dei liberali Steven Del Duca ci stanno cascando in pieno in questo meccanismo, in questo tritacarne mediatico dove il timone è saldamente nelle mani di Ford.
Esiste un antidoto capace di frenare questo meccanismo: la presentazione di una visione seria e alternativa sul futuro della nostra provincia, accompagnata da un piano di riforma serio e concreto della sanità, della scuola e del settore delle Ltc. Per ora tutto questo latita e a guadagnarci è ancora una volta in premier in carica.
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