Cultura

Declinare l’arte al femminile
non è mai troppo

ROMA – La storia della letteratura, della musica e dell’arte sono forse lo specchio più evidente di un’infilata di secoli ed epoche in cui i nomi di donne mancano in maniera vistosa, a volte scandalosa. Il medagliere italiano senza dubbio rifulge grazie agli allori più famosi di pittori, compositori, poeti, scultori e scrittori ma la declinazione al femminile (l’ -ix latina) è il grande vuoto nella grammatica dei generi, dei ruoli, dei movimenti artistici e così via.

E se di donne si parla, si tende a battere e ribattere il martello sull’incudine delle “solite note”: Artemisia Gentileschi, Gaspara Stampa, Vittoria Colonna, Elena Cornaro, Veronica Gambara, Modesta Pozzo, Tullia d’Aragona, Lucrezia Gonzaga, Veronica Franco, Lavinia Fontana e Rosalba Carriera. Notorietà non vuol dire qualità, certo, ma questo dovrebbe valere in maniera più equa anche per il mondo artistico al maschile.

Per fortuna, nell’ultimo decennio, anche nel panorama italiano si sta cercando di portare alla luce i contributi delle nostre concittadine artiste e di far uscire dalle polverose stanze dell’oblio i loro nomi, carriere e percorsi di vita. Non è un caso quindi che a Roma, grazie all’ottima curatela di Yuri Primarosa, presso le Gallerie Corsini sia stata organizzata la mostra “Una rivoluzione silenziosa. Plautilla Bricci pittrice e architettrice” che getta luce sulla prima architetta di cui abbiamo notizie e lode nell’era pre-industriale.

Figlia di Giovanni e di Chiara Recupita, Plautilla nacque a Roma sotto il segno del leone nel 1616. Pittrice e architetta, fu membro dell’Accademia di San Luca, anche se si ignora la data precisa della sua ammissione. Come il padre, molto probabilmente ebbe contatti stretti con l’ambiente dei pittori e discepoli del Cavalier d’Arpino.

Fu grazie all’abate Elpidio Benedetti – agente del cardinale Mazzarino, poi del re di Francia presso la Sanata Sede – che le vennero affidati i due importanti progetti cui deve la fama. Con il fratello Basilio, si cimentò infatti nei disegni e nella costruzione della villa Benedetti presso la porta S. Pancrazio, ribattezzata, per la sua forma, il Vascello. Non mancarono le occasioni per mettere mano a tele e pennello, come nel caso della pala d’altare per la cappella di S. Luigi dei Francesi nell’omonima chiesa capitolina. Se si spense velata o monacata poco importa, anche se all’epoca era costume comune prendere il velo se nubile e in età avanzata. Di certo morì dopo il 1690, secondo Pietro Zani dopo il 1700.

LA MOSTRA L’esposizione riunisce per la prima volta l’intera produzione grafica e pittorica dell’artista e presenta pure un Ritratto di architettrice, probabile ma non certa – sicuramente evocativa – effigie della Bricci. Ad accompagnare i suoi lavori non mancano opere meno note degli artisti a lei più prossimi. Documenti inediti, l’identificazione di nuove opere insieme al restauro dei suoi progetti architettonici, ci restituiscono un ricco ritratto dell’unica architetta nell’Europa pre-industriale.Di Plautilla ci resta, come possiamo immaginare, solo una parte (documentata) del suo lavoro come pittrice e architetta, o architettrice (appellativo che compare su un atto notarile relativo ai lavori della villa Il Vascello).

L’augurio è che questa mostra risollevi le sorti del suo percorso artistico e che, in un futuro non troppo lontano, il suo nome possa dignitosamente essere accostato a quello della controparte maschile, soprattutto nel Seicento, un secolo multiforme e aperto alle intersezioni di genere e generi che seppe dare spazio al genio umano in maniera cangiante, proteiforme ed universale.

La mostra rimane aperta fino al 19 aprile 2022: per info e biglietti https://www.barberinicorsini.org/

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