In edicola

TERREMOTO DEVASTANTE:
TURCHIA E SIRIA
IN GINOCCHIO

ANKARA – Un terremoto devastante ha colpito il sud della Turchia – non lontano dal confine con la Siria – nella notte fra domenica e lunedì (le 4.17 ora locale, le 2.17 in Italia e le 8.17 della sera a Toronto), causando migliaia di morti – 10mila secondo l’Istituto Geologico degli Stati Uniti (Usgs) – e di feriti e seminando distruzione.

Il sisma è stato di magnitudo 7.9: l’equivalente, in termini di energia rilasciata, di trentadue bombe atomiche di Hiroshima e mille volte più forte rispetto a quello che nel 2016 colpì Amatrice in Italia e trenta volte più potente di quello dell’Irpinia nel 1980. La prima scossa è stata seguita da potenti repliche, fra le quali una di magnitudo 7.5 ed altre di magnitudo anche superiore a 6.0, verificatesi proprio quando si era messa in moto la macchina dei soccorsi e che quindi hanno causato, inevitabilmente, nuove vittime a centinaia. Distrutte intere città, con decine di palazzi che crollavano uno dopo l’altro come in un assurdo “domino” al quale hanno assistito, incredule e impotenti, le persone riuscite a scappare in tempo. Danni irreparabili anche a numerosi siti storici come il castello della città di Gaziantep, ridotto in macerie, la Moschea Sirvani, costruita nel diciassettesimo secolo e crollata parzialmente e la Chiesa dell’Annunciazione di Iskenderun, cattedrale cattolica del 19esimo secolo.

A causa della elevata magnitudo e della relativa vicinanza al mare, è stata diramata anche un’allerta tsunami per il Mediterraneo, poi rientrata, ma sulle coste italiane l’allarme è stato elevato, tanto che alcune scuole sono rimaste chiuse. Del resto il sisma è stato sentito distintamente in tutto il Mediterraneo, in particolare in Libano, Grecia, Israele e Cipro ma alcune delle scosse sono state avvertite addirittura fino in Groenlandia.

Dopo le scosse, si è subito mobilitata la comunità internazionale: Unione Europea, Usa ma anche Russia, Ucraina e Cina si sono messe a disposizione per inviare aiuti economici e logistici.

La situazione più difficile è quella di Gaziantep, epicentro della scossa più forte: con due milioni di abitanti, nona città del Paese, è uno dei principali centri commerciali dell’Anatolia meridionale ed è situata su un altopiano di ottocento metri a nord del confine siriano.

Conseguenze gravi anche nella provincia di Kahramanmaras, con una popolazione di un milione di abitanti, ed a Malatya, situata ad un’altitudine di 1.000 metri ai piedi di una catena montuosa che raggiunge i 2.500 metri. Posizioni geografiche che non aiutano: le forti nevicate in questa zona, con temperature sotto lo zero, complicano i soccorsi e rendono ancora più drammatica la situazione dei sopravvissuti.

Anche a Diyarbakir sono crollati diversi edifici, sebbene la città, che conta più di un milione di abitanti, si trovi a 250 chilometri verso est dell’epicentro. Ma è qui che passa la faglia geologica dell’Anatolia orientale, che separa le placche tettoniche dell’altopiano anatolico dalle pianure arabe e si estende fino ad Adana, nel Mediterraneo. Ed è questa la faglia che si è mossa, causando la sequenza di scosse che ha causato migliaia di vittime. Vittime per le quali il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha già proclamato sette giorni di lutto nazionale.

 

La terra ha tremato per 200 volte in poche ore

ANKARA – C’è chi parla di 120, chi addirittura di 200 scosse di assestamento verificatesi dopo il potente terremoto nel sud della Turchia. Una sorta di terremoto infinito, che ha seminato morte, distruzione e panico fra la popolazione.

Secondo l’Usgs, che riporta solo le scosse di assestamento più significative che vengono effettivamente avvertite da coloro che si trovano nella zona del terremoto, sono state sicuramente almeno 43 quelle di magnitudo 4,3 o superiore. E per 3 di esse è stata misurata una magnitudo superiore a 6.0, incluso il massiccio terremoto di magnitudo 7.5 che ha colpito Ekinozu, 95 chilometri (59 miglia) a nord dell’epicentro del terremoto principale del mattino, nella provincia di Gaziantep. A causa delle forti e continue scosse, la regione dell’Anatolia si è spostata di ben tre metri.

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha definito il sisma “il peggiore che ha colpito la Turchia dal 1938”. Quell’anno, un sisma con epicentro ad Erzincan provocò la morte di circa 33.000 persone.

 

Colpite le comunità cristiane in Siria. Il Papa: “Profonda tristezza”

ALEPPO – Padre Imad Daher, sacerdote della Chiesa greco-melkita nella parrocchia della Vergine Maria di Aleppo, è tra le vittime del terremoto che si è verificato in Turchia e Siria. Padre Daher, che perse un occhio a causa di un razzo durante la guerra ad Aleppo, era con l’arcivescovo emerito greco-melkita di Aleppo, monsignor Jean-Clement Jeanbart, che “sembra essere scampato alla morte ed ora è ricoverato in ospedale con buone possibilità di ripresa”.

Altre segnalazioni – non ancora confermate – di morti nelle comunità cristiane siriane arrivano anche da Lattakia e di decine di feriti tra i cristiani di Hama. E si segnalano anche seri danni strutturali ad alcuni edifici come la cattedrale siro-ortodossa di San Giorgio, ad Aleppo, e la chiesa francescana a Lattakia.

L’arcivescovo di Homs, monsignor Jean Abdo Arbach, racconta che i trenta secondi del sisma “hanno cambiato completamente la vita di migliaia di persone. Speriamo che il terremoto apra i cuori delle comunità internazionali e di tutti i leader mondiali, affinché aiutino la Siria e non dimentichino le persone che soffrono. La popolazione è in uno stato di assoluta disperazione ed angoscia. Ci sono persone che vagano per le strade, non sanno dove andare, e cercano disperatamente familiari e amici. Molte persone sono morte o sono disperse”.

“Mai visto nulla di simile, eravamo al terzo piano, la paura è stata enorme e ora tutta la gente è in strada, al freddo e sotto la pioggia” è il racconto di monsignor Antoine Audo, vescovo di Aleppo dei Caldei. “Non siamo abituati a questo genere di eventi, è la prima volta che vedo una cosa simile ad Aleppo”, ha detto in un’intervista a Vatican News. “Stanotte dormiremo all’entrata del vescovado o altrove, vedremo cosa fare. C’è – ripete – una grande paura, ci sono danni ovunque, anche in cattedrale. Le biblioteche sono distrutte, le case crollate: è una situazione apocalittica”. Il vescovo racconta di altre persone che sono riuscite a salvarsi, nonostante “metà dei loro palazzi siano crollati. Tante persone sono in macchina, tutti hanno i cellulari in mano e cercano di comunicare. La situazione è molto triste e ora servono mezzi di soccorso, elettricità. Questo è il problema”, prosegue.

“I cellulari si stanno scaricando, ma per ora siamo in continuo contatto”, dice il vescovo Paolo Bizzeti, vicario apostolico dell’Anatolia. “Qui ci sono centinaia di morti, ma nella zona dell’epicentro – precisa – si parla di migliaia di persone che hanno perso la vita. So che un ospedale è crollato, un altro è fuori uso, sono oltre duecento le abitazioni crollate ed è difficile arrivare in quei luoghi”.

E sempre ieri, in un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, indirizzato al nunzio in Turchia, monsignor Marek Solczynski, Papa Francesco ha espresso “profonda tristezza” per “l’enorme perdita di vite umane” a causa del sisma nella zona sud-est del Paese. Il Papa assicura la “sua vicinanza spirituale a tutte le persone colpite” e affida “coloro che sono morti all’amorevole misericordia dell’Onnipotente”, porgendo le condoglianze “a coloro che ne piangono la perdita”. Il Papa non manca di rivolgere un pensiero al personale di emergenza, in queste ore attivo tra edifici crollati e città rase al suolo, perché “sia sostenuto dai doni divini della forza d’animo e della perseveranza nella cura dei feriti e negli sforzi di soccorso in corso”. Con uguali sentimenti Francesco si rivolge poi al nunzio a Damasco, il cardinale Mario Zenari. In un altro telegramma, sempre a firma del cardinale Parolin, il Pontefice si dice “profondamente rattristato” per i morti nel sisma che ha colpito la zona nord-occidentale della Siria. Offre “accorate preghiere per le anime dei defunti e per tutti coloro che li piangono” e affida “le persone colpite da questa catastrofe alla provvidenza dell’Onnipotente”. E rinnova la preghiera per il personale di emergenza, coinvolto nei soccorsi.

Per quanto riguarda l’eventuale presenza di italiani fra le vittime, il ministro degli Esteri, Antonio, Tajani, ha rassicurato che “tutti gli italiani (168) che ci risultano essere presenti nell’area colpita dal terremoto sono in salvo”.

(La foto in alto e quella qui sotto sono tratte dalla pagina Twitter @AllahGreatQuran)

More Articles by the Same Author: