TORONTO – Chiude i battenti il vertice di governo di Halifax senza colpi di scena. La riunione dell’esecutivo era stata convocata dal primo ministro Justin Trudeau con l’obiettivo dichiarato di voltare pagina e ridare spinta all’azione di governo in vista del riavvio dei lavori parlamentari – in programma a metà settembre – e dell’inizio dell’ultima parte di questa legislatura, che terminerà il prossimo anno con le elezioni federali di ottobre. Chi si aspettava la svolta sarà rimasto sicuramente deluso.
Esattamente come l’anno scorso, quando il meeting venne organizzato a Charlottetown, nella Prince Edward Island, anche questo vertice ha visto numerose discussioni a porte chiuse ma davvero pochi provvedimenti concreti. La prima misura tangibile, annunciata dal ministro delle Politiche abitative Sean Fraser, riguarda la dismissione di 56 proprietà federali a favore di costruttori che si impegnano a edificare unità abitative a basso costo. Nulla di nuovo all’orizzonte, a dire il vero, visto che il provvedimento era già stato annunciato in pompa magna durante la presentazione del Budget primaverile: il governo ora ha semplicemente presentato la misura attuativa. La seconda decisione concreta del governo è quella relativa al giro di vite nel sistema dell’immigrazione, con le nuove limitazioni per i lavoratori stranieri temporanei che entreranno in vigore a settembre. E qui l’esecutivo è diventato bersaglio di feroci critiche da parte delle associazioni che si battono per i diritti degli immigrati, che accusano Trudeau di inseguire il suo avversario Pierre Poilievre con politiche populistiche che di progressista hanno davvero poco, se non nulla.
Sempre ad Halifax è stato annunciata la decisione di attivare dazi doganali del 100 per cento verso le auto elettriche cinesi, sulla scia di quanto deciso lo scorso maggio negli Stati Uniti. Una decisione scontata che era nell’aria già da un po’ di tempo, che avrà degli effetti positivi per il settore della produzione automobilistica e della componentistica auto canadese, ma che è destinata a creare nuove frizioni con il governo cinese, con cui i rapporto sono tutt’altro che idilliaci.
Tanto è vero che meno di ventiquattrore dopo l’annuncio fatto dal ministro delle Fiannze Chrystia Freeland, è arrivata la risposta di Pechino, che ha accusato il Canada di aver attivato delle politiche protezionistiche e che ha annunciato il futuro arrivo di contro misure – nuovi dazi doganali – contro i prodotti canadesi nel mercato cinese.
Il leitmotiv di questo vertice, in ogni caso, è stata la parola “fiducia”. Tutti i ministri, uno ad uno, hanno ribadito la loro fiducia verso il leader liberale Trudeau, nonostante i sondaggi confermino un livello di consenso ai minimi storici e la proiezione dei seggi indichi una probabile debacle al prossimo appuntamento alle urne. Allo stesso tempo, l’esecutivo crede che questa legislatura arriverà sino alla fine, nonostante le voci continue di possibile voto anticipato.
Leader Karina, capogruppo liberale alla Camera, si è detta “fiduciosa” sulla tenuta del patto di legislatura siglato nella primavera del 2022 da Trudeau e dal leader dell’Ndp Jagmeet Singh che garantisce il sostegno esterno dei neodemocratici fino al giugno del 2025. Anche in questo caso, resta da capire se effettivamente Singh manterrà la parola, o se una possibile crescita nelle intenzioni di voto rappresenterà una tentazione troppo forte per staccare la spina al governo e riportare il Canada alle urne prima della conclusione della legislatura.