TORONTO – Viviamo accanto ad un elefante. Quando si sposta da sinistra a destra, le stesse fondamenta su cui abbiamo posto le nostre case tremano. Eppure non possiamo contenerlo e non possiamo spostarci altrove. Peggio ancora, ne abbiamo bisogno per la nostra stessa esistenza.
Chiaro, l’elefante è l’USA. Il settanta due per cento (72%) del nostro commercio internazionale si svolge con loro, cioè, 1.014 trilioni di dollari (2022). È il nostro partner principale del NORAD, il comando di difesa aerea nordamericano responsabile della protezione del Nord America dalle incursioni militari straniere. È il partner principale di ogni Paese nella NATO.
Perché? Secondo Global Firepower, che tiene traccia ogni anno delle spese globali per ogni Paese, nel 2023 gli Stati Uniti hanno speso 1.013 trilioni di dollari canadesi per la difesa, più dei successivi 13 Paesi messi insieme. Quindi, la sua struttura di governo e di leadership è importante, soprattutto nel mondo instabile e dipendente dalle risorse energetiche del Medio Oriente: ciò che accade o ciò che conta negli Stati Uniti accadrà e avrà importanza qui, come mai prima d’ora.
“Oggi” la disposizione (“l’umore dell’elefante”) è intemperante e imprevedibile: è l’anno delle elezioni presidenziali. L’USA è un Paese strano in cui vige la prassi di trovarsi in uno stato di elezioni perpetue. Non importa il livello (federale, statale o locale), c’è sempre un governante che chiede conferma o l’autorita di rimpiazzare chi è in carica.
L’estrema faziosità (sinistra o destra) praticamente su qualsiasi questione sembra essere all’ordine del giorno. I candidati diranno e faranno qualsiasi cosa per le autorità richiedenti [per stanziare fondi pubblici] derivanti da quelle elezioni, incluso impedire ad alcuni candidati di candidarsi ad una carica.
Tutti i Paesi prevedono “test” per valutare il mix di candidati prima della selezione e dell’elezione. Negli Stati Uniti, il “cursus honorum” è un guanto di sfida progettato per misurare il valore di chiunque lungo il percorso.
Data l’attuale propensione manifesta a utilizzare il sistema legale e i professionisti della legge come moderni mercenari nella battaglia per il potere, non dovrebbe sorprendere che i tribunali siano ora chiamati a pronunciarsi sulla “legittimità” o costituzionalità di queste tattiche. Mai più come adesso c’è il desiderio di scegliere giudici “amici” e questo sta diventando sempre più un argomento di conversazione e di dibattito serio e pericoloso.
La faziosità è ormai così diffusa negli Stati Uniti che l’unica lente attraverso la quale la prospettiva appare “accettabile” è la propria: che sia democratico o repubblicano, il punto di vista dell’altro è demonizzato e messo a tacere. Gli ex difensori della “libertà di parola” si sono trasformati in censori della stessa, dando origine a un nuovo termine: “lawfare”.
Gli studi legali, che possono solo fornire pareri e non hanno alcun ruolo nella Costituzione – se non quello di difendere i propri clienti davanti ai tribunali – sembrano aver assunto questo “nuovo ruolo” con entusiasmo. Stanno discutendo [con successo] a livello Stato per Stato per escludere un candidato repubblicano, l’ex presidente Trump, dal ballottaggio durante le Primarie.
Non può essere una situazione sostenibile per un Paese in cui l’uguaglianza di accesso alle leve del potere attraverso i confini statali è il pilastro dell’autorità politica costituzionale.
Sicuramente la Corte Suprema dovrà intervenire per riportare i “protagonisti” nelle loro corsie.
I lobbisti di tutti i tipi di interessi ne cercano attentamente “ispirazione”.