TORONTO – Donald Trump apre un altro fronte. Ieri l’inquilino della Casa Bianca, già impegnato in un duro braccio di ferro con il Canada e il Messico da un lato e con la Cina e l’Unione Europea dall’altro, ha annunciato la road map americana sui dazi reciproci, che saranno applicati dall’amministrazione statunitense nelle prossime settimane. A differenza di quanto fatto con il nostro Paese, l’annuncio di ieri non è accompagnato da una data specifica: semplicemente lo studio del Dipartimento del Commercio sarà completato entro il primo di aprile. Da quel momento, tutto sarà possibile.
Trump dallo Studio Ovale ha svelato “la tabella di marcia per l’imposizione di tariffe reciproche su ogni Paese che applica dazi sulle importazioni statunitensi, diretta agli amici e ai nemici americani che, rafforzerà la sicurezza economica e nazionale. Ho deciso, per motivi di equità, che applicherò una tariffa reciproca. Significa che qualunque paese addebiti agli Stati Uniti d’America, noi lo addebiteremo della stessa percentuale, né più né meno. In quasi tutti i casi, gli altri Paesi ci fanno pagare molto di più di quello che facciamo pagare loro, ma quei giorni sono finiti”. Anche ieri Trump ha preso di mira il Canada. “Loro hanno bisogno di noi, ma noi non abbiamo bisogno di loro. Perché dobbiamo continuare a sussidiarli con 200 miliardi di dollari l’anno?”. E come sempre, ha rilanciato l’idea del 51° Stato, riferendosi al nostro primo ministro con l’immancabile “il governatore Trudeau”.
Stando a quanto annunciato ieri, l’amministrazione Usa esaminerà prima quelle che ha definito le questioni più “eclatanti e urgenti”, compresi i Paesi con i maggiori surplus commerciali e le tariffe tariffarie più elevate. Le tariffe reciproche di Trump corrisponderebbero alle aliquote di dazio più elevate applicate da altri paesi, ha detto il funzionario della Casa Bianca. Mirano – ha spiegato il presidente americano – inoltre a contrastare le barriere commerciali non tariffarie, come le normative onerose, le imposte sul valore aggiunto, i sussidi governativi e le politiche dei tassi di cambio che possono erigere barriere al flusso di prodotti statunitensi verso i mercati esteri.
Lo sforzo mira anche ad avviare negoziati con alcuni paesi per ridurre queste barriere.
Ma quali sono i Paesi che potrebbero subire questi nuovi dazi? Stando ai dati della Casa Bianca, gli obiettivi dovrebbero essere tra gli altri Cina, Giappone, Corea del Sud e Unione Europea. Le tariffe eviterebbero un approccio “a taglia unica”, ma al contrario sarebbero mirati ai singoli Paesi.
Il Canada, dal canto suo , deve già fare i conti con due scadenze ben precise. La prima, la più impellente, è quella dell’1 marzo, quando Washington potrebbe rimuovere la sospensione dell’attivazione dei dazi doganali generalizzati su tutti i prodotti canadesi, con petrolio e gas naturali che saranno invece soggetti a una sovrattassa del 10 per cento.
La seconda è invece quella del 12 marzo, quando invece – salvo passi indietro del magnate newyorchese – entreranno in vigore i dazi del 25 per cento sull’alluminio e sull’acciaio provenienti dall’estero, e quindi anche dal Canada. I due prodotti, tra l’altro, subiranno un effetto cumulativo della doppia tariffa, arrivando quindi a costare il 50 per cento in più nel mercato statunitense.
Continua, nel frattempo, il pressing canadese per cercare di scongiurare l’entrata in vigore dei dazi. Mercoledì i 13 premier delle Province e dei Territori canadesi, a conclusione della loro missione diplomatico-commerciale a Washington, hanno ottenuto un incontro di 30 minuti alla Casa Bianca per perorare la loro causa. Non si è trattato di un vero e proprio meeting con il presidente americano, ma con alcuni funzionari della cerchia ristretta dei fedelissimi di Trump. Per ora i risultati ottenuti dal governo federale canadese e dai premier sono stati abbastanza scarsi, salvo la sospensione al foto finish delle tariffe doganali. Il problema non è stato risolto, ma semplicemente rimandato.