Toronto

Toronto: tante pizzerie,
ma di “pinserie” ce n’è una sola

TORONTO – La sua è l’unica “pinseria” certificata di Toronto, una delle due sole dell’intero Canada (l’altra è a Ottawa). E, in tutto il mondo, sono appena 130 i locali che possono fregiarsi di tale riconoscimento. Un riconoscimento prestigioso, riconosciuto dall’associazione Opr (Originale pinsa romana) soltanto a chi offre ai propri clienti il prodotto originale, realizzato rigorosamente con prodotti di alta qualità a cominciare dalla farina, quella di Corrado Di Marco, ideatore di questo particolare “piatto” che sta letteralmente spopolando ovunque venga proposto.

Gino Benevenga, classe 1958, originario di Palomonte, un paese in provincia di Salerno ai confini del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, è in Canada da quarant’anni. Dopo tanto lavoro dietro ai banconi dei bar e fra i tavoli dei ristoranti, ha avuto l’intuizione di aprire una “pinseria” a Toronto. E, forte della sua lunghissima esperienza, ha fatto centro: la gente adora le sue pinse e lui va avanti anche se il Covid-19 l’ha costretto, negli ultimi mesi, a limitarsi alla vendita da asporto. “E’ dura, ma non mollo”, ci dice orgoglioso al telefono. Dal modo in cui parla, si sente la passione per il suo lavoro. Una passione che viene da molto lontano.

Quando ha iniziato a lavorare nella ristorazione?
“Avevo 16 anni, ero ancora in Italia e già lavoravo nei ristoranti di Agropoli, Battipaglia… anche sulla Costiera Amalfitana. Poi, a 18 anni, mi sono trasferito in Inghilterra dove ho continuato a fare lo stesso lavoro, Infine, a 22 anni, nel 1980, ho deciso di raggiungere un mio zio qui a Toronto. E ho continuato a lavorare nella ristorazione”.

E poi ha deciso di aprire un locale tutto suo…
“Sì, sei anni fa, al 3076 di Dundas Street West. Inizialmente, il ristorante si chiamava Junction Local ed eravamo specializzati in carne affumicata e birre artigianali. Tutto molto ‘canadese’. Dopo quattro anni, abbiamo deciso di puntare su qualcosa di più italiano e di originale ma non volevo limitarmi alla classica pizza, che qui fanno tutti. Quindi ho frequentato un corso per pinsa romana, tenuto dagli istruttori ufficiali dell’associazione Opr venuti appositamente dall’Italia, ho ottenuto la certificazione e ho chiamato il locale ‘Venga Cucina’: a Toronto siamo gli unici a proporre le pinse e in tutto il Canada c’è soltanto un altro locale, a Ottawa”.

Ci spieghi che cos’è la pinsa: è così diversa dalla pizza?
“Completamente differente. Si usa la precottura, va usato uno specifico tipo di farina (quella ideata da Corrado Di Marco, il ‘padre’ della pinsa, ndr) che è un misto di farina di riso, soia e frumento. Deve essere fragrante e digeribile. E viene farcita con fantasia. Noi, per esempio, prendiamo ispirazione dalla cucina meridionale italiana e dai piatti tipici della Campania e del Sud Italia”.

Qual è la vostra pinsa-top?
“La più richiesta è quella con la base di pomodoro, la nduja calabrese e la peperonata. Ma ci chiedono anche abbinamenti particolari: qui, per esempio, piace quella con l’ananas (nella foto a sinistra) al quale aggiungiamo salsa di pomodoro, prosciutto cotto, mozzarella e peperoni verdi grigliati.  E poi abbiamo i nostri ‘cavalli di battaglia’ come la pinsa giardiniera (verdure grigliate con Pecorino Romano grattugiato fresco sopra (nella foto a destra) e la nuovissima ‘Umbria’ con farcitura di porchetta, radicchio grigliato, rapini, peperoni e cipolla marinati in aceto balsamico bianco, provolone ‘Auricchio’ e spezie varie (nella foto in fondo all’articolo). Da notare che quasi tutte le farciture sono precotte, così si evita di servire un… acquazzone”.

Come fate, adesso, con il Covid-19?
“Eh, è un bel pasticcio. Facciamo solo vendita da asporto. Ma non molliamo: dopo tutti questi anni di sacrifici, dobbiamo e vogliamo resistere. Per fortuna, io ho una grande esperienza ‘in prima linea’ nei locali. E poi c’è la passione per questo lavoro. Andiamo avanti”.

Gino è il tipico italiano tenace e con il cuore grande. Appassionato di bicicletta, qualche anno fa ha fatto una scommessa con il suo datore di lavoro dell’epoca: da Toronto a Niagara Falls, andata e ritorno (300 chilometri), in bici, in dodici ore. L’ha vinta. “In palio – ci racconta – c’erano 5mila dollari: li ho donati alle associazioni che si occupano dei bambini malati”. E secondo voi lo ferma il virus?

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