Cultura

“Narrarsi Altrove” sbarca
anche in British Columbia
e suscita grande interesse

VANCOUVER – Il book tour di Narrarsi Altrove, le cui pagine sono state pubblicate nei mesi scorsi sul Corriere Canadese, continua. Dopo il successo riscosso in Italia, la scorsa settimana è stata la volta di Kelowna, BC, dove il libro è stato inserito nel programma della Tredicesima Conferenza Annuale dell’ICAP (Italian Canadian Archives Projects) sull’argomento Legacy: from Personal Stories to a Community Narrative.

Successivamente il libro è stato presentato a Vancouver, al Centro Italiano di Cultura, in una serata voluta dal Comites e dal suo presidente, Vito Bruno, in collaborazione con Rocco Di Trolio, consigliere del CGIE, nell’ambito del programma di eventi dedicati alla settimana della lingua italiana nel mondo.

All’incontro, tenutosi nella sede del Kelowna Canadian Italian Club, hanno partecipato accademici di diverse parti del Canada, direttori di archivi e musei, storici, autori e studenti universitari. Tutti interessati a salvaguardare il contributo storico degli Italiani residenti in Canada, e a discutere l’importanza di narrare le storie e di avere uno spazio per poter archiviare oggetti, lettere e foto appartenuti agli emigrati di origine italiana per poter conservare uno spaccato di vita altrimenti inghiottito da una certa tendenza consumistica che ama distruggere il vecchio per dar spazio al nuovo.

Oltre agli interventi molto interessanti, alla presentazione di diversi progetti e alle discussioni che ne sono scaturite, si è parlato delle possibili strategie necessarie alla salvaguardia della memoria storica (attraverso, per esempio, la digitalizzazione dei materiali raccolti), e della necessità di coinvolgere l’interesse delle nuove generazioni.

Sono state inoltre organizzate per i presenti anche delle interessanti escursioni, una alla tenuta di Giovanni Casorso, il primo italiano che ha messo piede a Kelowna, probabilmente invitato da Padre Pandosy, un parroco francese in missione per cristianizzare gli indigeni, e l’altra all’Okanagan Heritage Museum, dove abbiamo avuto modo di ammirare un’esibizione temporanea, dedicata alla cultura italiana, e una permanente dedicata agli indigeni del luogo. Casa Casorso con i suoi vigneti, frutteti, e i suoi spazi dedicati al pascolo del bestiame, è ora abitata da discendenti di sesta generazione che hanno trasformato la tenuta in agriturismo accogliendo coppie che prediligono questo posto meraviglioso per celebrare i loro matrimoni.

Camminando nelle stanze di Casa Casorso, oltre ad una cura certosina nel ricordare e documentare le storie di famiglia con foto attaccate ai muri e oggetti rimasti intatti nel tempo, l’attico sembrava essere un ricettacolo di ricordi, un museo vivente di utensili, divise militari, vestiti, oggetti, tutti fuggiti dalle fauci del tempo e conservati con cura per restituirli alle generazioni future.

In questo contesto, Narrarsi Altrove con il suo sguardo poetico sulle storie degli emigrati e il suo dialogo ventriloquo con gli oggetti del passato ha trovato lo spazio giusto per esprimersi, attraendo l’interesse e la curiosità dei presenti palesemente emozionati alla lettura delle poesie.

A Vancouver abbiamo discusso i contenuti di Narrarsi Altrove nell’elegante cornice della sala del Museo, in cui erano esposte le opere Neo Barocco di Mimmo Baronello. Il pubblico attento e interessato ha aperto un dialogo sulla sua esperienza migratoria e sull’importanza di conservare oggetti che, come il proustiano madeleine, possano evocare i luoghi del passato, il sapore dei tempi perduti. Alcuni dei presenti sostenevano che, nonostante gli oggetti e le storie fossero importanti per mantenere vivo il ricordo delle nostre radici, ad un certo punto della loro vita hanno sentito forte l’esigenza di buttare via i bauli carichi di ricordi che rendevano pesante il loro animo emigrante e lo costringevano a prolungare la loro condizione di prigionieri dilaniati dai loro doppi, dalle loro ombre.

D’altra parte, Vito Teti, famoso antropologo calabrese, in una intervista pubblicata nel libro “Scoprirsi italiani, I viaggi delle radici in Italia” di Giuseppe Sommario, sostiene l’importanza di capire che radice non può essere confusa con radicamento, abbarbicamento, attaccamento al luogo in cui si è nati. L’antropologo, infatti, sostiene che: “radice è qualcosa che costruisci con il tempo, è una percezione di te, del mondo, dei luoghi che elabori nella tua storia e che prende consapevolezza, cioè radice. Si prende consapevolezza delle proprie radici quando si stabilisce un rapporto con la propria memoria, con la storia dei propri avi. Le radici, quindi, non possono essere immobili, fisse, ma bisogna elabolarle, trasmetterle, trasferirle”.

In questo senso, le storie descritte in Narrarsi Altrove vedono le radici abbarbicarsi agli oggetti, estendersi, creare un ponte con il luogo di origine e poi coprirsi con un velo di poesia prima di lasciarli andare. I nostri sono appunto oggetti “diasporici”.

Nella foto in alto, Anna Ciardullo Villapiana a Casa Casorso con i soci dell’ICAP – Italian Canadian Archives Projects; qui sopra, alcune copie del libro “Narrarsi Altrove”

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